Informazione e disinformazione nel podcast e non solo


A prescindere dal mezzo che utilizziamo, ogni singolo giorno abbiamo a che fare con la comunicazione, contribuendo come mittenti e destinatari dell’informazione e, talvolta, della disinformazione.

Il podcast è un media molto intimo che riesce a trasmettere molto della tua personalità e del tuo modo di comunicare, facendo percepire quali sono gli elementi distintivi del tuo brand.

La comunicazione è fondamentale per instaurare una relazione con il pubblico e costruire quella fiducia che avvicina le persone al nostro brand. Essa, però, non si basa solo sullo stile comunicativo di una persona ma anche sulla qualità e sul valore dei contenuti trasmessi.

Ecco perché informazione e la disinformazione giocano un ruolo fondamentale nella comunicazione di oggi, anche attraverso l’utilizzo del podcast.   

Esiste un modo per rendere più autorevole ciò che diciamo e voglio parlartene insieme a un’ospite che stimo tantissimo, sia come persona che come professionista. Ha investito gran parte della sua carriera sull’importanza di fare giornalismo costruttivo: vi presento Assunta Corbo.

Intervista ad Assunta Corbo, giornalista

Assunta Corbo è giornalista, Fondatrice del Constructive Network in Italia e di News48, autrice di “Dire, fare … ringraziare” e di “Empatia Digitale”, un saggio sul tema della comunicazione online e offline.

Ti occupi di Giornalismo Costruttivo dal 2012 e, dal 2019, sei Founder di Costructive Network: il primo network italiano di professionisti dell’informazione che si dedica alla comunicazione costruttiva. Cos’è il giornalismo costruttivo e perché oggi è importante fare informazione in quest’ottica?

“Il giornalismo costruttivo è un approccio all’informazione che rispetta profondamente il lettore: colui che il giornalista dovrebbe avere sempre in mente.

Vedo il giornalismo costruttivo come un ritorno alla professione fatta in modo etico piuttosto che come qualcosa di nuovo. Significa rispettare il lettore e la notizia, essendo onesti ancor più che obiettivi. Quest’ultimo è un tema delicato perché noi giornalisti siamo esseri umani e l’obiettività è, a volte, difficile da mettere in atto.

Dal momento in cui scegliamo una storia, abbiamo già fatto una scelta basata sulle nostre esperienze e sui valori in cui crediamo. Quando una storia ci appassiona, a mio avviso, è impossibile essere obiettivi tuttavia si può e si deve essere onesti.

Essere onesti nel fare informazione significa non lasciare i fatti in sospeso e continuare a seguire una storia anche quando ha perso quell’interesse mediatico che, all’inizio, ci aveva portati a raccontarla minuto per minuto. Significa raccontare ciò che non funziona ma anche quello che sta funzionando, in ottica costruttiva.

Questo è il giornalismo di cui abbiamo fortemente bisogno in questo momento storico, in cui la pandemia e la guerra hanno prodotto un tipo di informazione che ha appesantito le persone.

È tempo di fare un’inversione e tornare a chiedersi Perché faccio il giornalista? Quali sono i miei principi e valori? Porto avanti quelli“.

Banner ebook fare podcast

Fare informazione ed essere autorevole

Il tema della fiducia sia nei confronti di chi fa informazione che nei confronti dei brand che si fanno sempre più portavoci di messaggi ad alto impatto sociale, è molto sentito in questo periodo storico, soprattutto dalle nuove generazioni. Tra l’altro è uno dei punti cardine del manifesto del Costructive Network.

Quanto conta l’autorevolezza di chi fa informazione rispetto alla notizia?

“Tantissimo. L’autorevolezza si costruisce proprio utilizzando quegli strumenti digitali, come può essere il podcast, piuttosto che i social.

Questi ultimi sono spesso criticati in quanto hanno sicuramente delle sfumature che vanno controllate. Sono, di fatto, la grande opportunità per chi fa informazione, per far conoscere sé stesso e come lavora alle persone, i propri principi e come sceglie le storie.

Ciò contribuisce a creare l’autorevolezza che accennavi: una persona o un professionista che condivide, racconta alla sua comunità qualcosa di valore.

Oltretutto, oggi siamo diventati un po tutti “giornalisti”, nel senso che l’informazione arriva dai canali più disparati. Chiunque pubblica un contenuto sui social sta facendo informazione (o disinformazione) in qualche modo rispetto a chi lo fa per professione.

Questo ruolo non reputo spetti solo ai giornalisti, bensì anche ai blogger in quanto anche loro sono degli informatori.

Chi produce dei contenuti strutturati, come il podcast, sta facendo informazione. Ecco perché tutti noi dobbiamo prestare attenzione a creare una narrazione costruttiva, ossia a come strutturiamo le nostre storie.”

La ricetta di un’informazione costruttiva

Nell’ultimo biennio sono nati diversi podcast che fanno informazione, molto seguiti perché si sono imposti come fonte autorevole. La ricerca condotta da Spotify lo scorso autunno, su come sta cambiando il panorama culturale dei giovani (in particolare, Generazione Z e Millennials) e i mezzi attraverso i quali s’informano sui temi di attualità, sostiene che il 36% nutre maggior fiducia nei podcast rispetto ai media più tradizionali come radio, tv, giornali ecc. I podcaster, infatti, riescono a instaurare una connessione più intima con il loro pubblico e, di conseguenza, a trasmettere maggiore autenticità e affidabilità. Conta di più chi parla e la relazione con questi, rispetto alla notizia in sé.

Qual è la ricetta per creare un’informazione costruttiva che contrasti la disinformazione o la misinformazione?

“L’argomento è molto ampio e penso che sia questa l’epoca in cui dobbiamo tornare ai concetti di utilità e di responsabilità. Quando comunichiamo, mettiamo in circolo informazioni che inevitabilmente stiamo offrendo delle persone.

Un messaggio è un insieme di parole – come scrivo in Empatia digitale – che lanciamo nel mondo; viene accolto da una o migliaia di persone, non importa quante, ma ricordiamo che dall’altra parte ci sono sempre delle persone.

Chi inizia a scrivere, produrre o registrare un contenuto, per prima cosa, dovrebbe chiedersi se è utile. Nell’era dei social media ci siamo trovati spesso a raccontare quanto siamo bravi e quante cose straordinarie facciamo.

In realtà, questi contenuti non sono utili a chi li riceve. Dobbiamo, invece, essere utili alle persone, trasferendo un insegnamento, anche quando raccontiamo qualcosa che chiaramente mette in luce il nostro lavoro e il nostro talento.

In quanto alla disinformazione, è un’informazione sbagliata, scorretta, che non dà gli strumenti giusti alle persone. La disinformazione è fuorviante: è un’informazione che ti porta da un’altra parte, spesso veicolata, ahimè, dalla propaganda. Lo vediamo, per esempio, nella narrazione della guerra.

La polarizzazione è un altro fenomeno gravissimo che mette le persone le une contro le altre nonostante sia tutto costruito dai media, da chi mette in circolo l’informazione.”

Qual è l’informazione di qualità?

“Bisogna fare, a priori, una distinzione tra la disinformazione e l’informazione di qualità e, successivamente, chiedersi qual è quella che accoglie tutte le sfumature e le offre al lettore, fornendo gli elementi che lo aiutino a comprendere la realtà e il contesto.

Questo è il grande ruolo di responsabilità che ha chi fa informazione: raccontare e spiegare alle persone cosa succede, togliendole dal senso di impotenza di fronte a dei problemi giganteschi. Dare gli strumenti per interpretare numeri, statistiche e le visioni dei diversi professionisti intervistati.

L’informazione di qualità educa il lettore, lo spettatore, l’ascoltatore, il pubblico e, in generale, la comunità.

Si comincia a parlare sempre più di comunità che di pubblico dei giornali e dei media digitali. Per esempio, se pensiamo al giornalismo locale, la relazione del giornalista con la comunità è molto forte: ne conosce i problemi, li affronta e la aiuta a risolverli parlando con le istituzioni. Questo fenomeno si sta allargando anche a livello nazionale e internazionale. Il giornalista ha a che fare con la comunità, non più con un lettore.”

Empatia Digitale: comunicare con responsabilità

Il tuo ultimo libro Empatia Digitale esprime un concetto molto bello che voglio citare: “le parole sono di tutti, il contenuto è personale”. Sottintende la responsabilità che ciascuno di noi ha quando comunica ogni giorno, sui social, sui blog o tramite il podcast che, come abbiamo visto, riesce ad essere uno strumento potente. Inevitabilmente, quello che pubblichiamo non è più solo nostro ma diventa degli altri.

Cosa dovremmo chiederci prima di pubblicare un contenuto per essere costruttivi e non distruttivi?

“Sicuramente il concetto dell’utilità di cui abbiamo parlato, oltre al concetto importantissimo di inclusione. Bisogna chiedersi: Il contenuto che sto pubblicando potrebbe ferire qualcuno? È chiaro che non potremo tenere sotto controllo tutto, però, possiamo avere questa accortezza, senza cadere in qualche stereotipo.

Prima o poi, accade anche a chi scrive in buona fede di fare uno scivolone di questo tipo. Quindi, prendiamo atto del fatto che stiamo pubblicando un contenuto che potrebbe ferire qualcuno, in quanto tocca ambiti delicati.

Il concetto di autenticità è un altro punto fondamentale, a cui tengo tantissimo.

Parlando della comunicazione dei brand, dei liberi professionisti e di chi fa business, bisognerebbe chiedersi Quanto mi rappresenta il contenuto che sto producendo e diffondendo? Contribuisce davvero a costruire l’immagine giusta di me?

Le persone, ormai, hanno imparato a riconoscere l’autenticità. Raccontare fallimenti, ed errori è una cosa che ci umanizza tantissimo, uscendo da quella logica di perfezione a cui i social ci abituano. Abbandoniamo l’idea che si debba necessariamente raccontare solo quello che sta funzionando.

Questi sono, secondo me, i principi da cui partire per costruire una buona comunicazione e una narrazione costruita sull’autenticità.”


Conclusioni

Sono certa che tutte le informazioni condivise da Assunta Corbo, che ringrazio, ti abbiano dato degli ottimi spunti e un nuovo punto di vista per scegliere come comunicare, anche attraverso il tuo podcast.

Per approfondire l’argomento, ti consiglio la lettura del libro di Assunta Corbo, Empatia Digitale – Le parole sono di tutti, il contenuto è il tuo edito da Do it Human: un valido manuale di istruzioni per comunicare in modo costruttivo, online e offline. 

Puoi, inoltre, seguire Assunta Corbo sui suoi canali social e sul suo sito www.assuntacorbo.com

Avrai capito quanto costruire il proprio stile comunicativo sia davvero importante. Se hai già in mente un progetto per il tuo podcast ma non sai da dove iniziare, scrivimi per richiedere una consulenza personalizzata. Sarò felice di essere la tua Podcast Coach.


Lo hai trovato utile?

Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati.


Potrebbero interessarti anche
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Il podcast producer è un professionista che coordina e supervisiona tutta la produzione di un podcast dalla progettazione alla distribuzione fino alla promozione. Può ricoprire diversi ruoli nello stesso progetto e ha la responsabilità verso il committente della gestione di tutti i processi. Fino a una manciata di anni fa la figura del podcast producer in Italia era pressoché sconosciuta. È una delle professioni emergenti del panorama digitale, anche se in America, dove è nato il podcast, è già ampiamente nota e diffusa. Per alcuni avviare un podcast potrebbe essere sembrare un gioco da ragazzi. Se si comincia in modo amatoriale per sperimentare e divertirsi non c’è nulla di male e, anzi, è l’occasione per mettersi alla prova con strumenti nuovi. In questo caso, anche un tutorial gratuito sull’uso delle attrezzature può essere un inizio. Se vuoi alzare un po’ l’asticella e produrre un podcast professionale che ti aiuti a raggiungere i tuoi obiettivi personali o aziendali, allora forse hai bisogno di un produttore di podcast che ti aiuti nella creazione del tuo prodotto audio. Esattamente, cosa fa un podcast producer e quali sono le sue competenze? Nell’articolo ti spiego responsabilità e ruoli di questa figura professionale partendo dalla mia personale esperienza e dal lavoro svolto insieme ad altri professionisti del settore. Ti parlerò anche delle competenze necessarie per sapere come diventare podcast producer e infine come capire se hai bisogno di un producer o di un podcast coach. Chi è il podcast producer e cosa fa Il podcast producer è una figura chiave nel team di produzione audio. È responsabile del coordinamento delle attività necessarie per realizzare il podcast e della maggior parte delle decisioni riguardanti la linea produttiva. Definisce la parte strategica, economica, organizzativa e tecnica della produzione.  Nella sua veste di supervisore, è il punto di riferimento tra cliente e squadra di produzione podcast. Dunque si occupa di progetti podcast su commissione. Il suo lavoro inizia con l’ascolto del cliente. In questa fase la sua capacità relazionale è fondamentale per accogliere richieste ed esigenze specifiche, comprenderle e successivamente tradurle in una proposta creativa coerente e personalizzata. Di solito, tutte le informazioni che raccoglie in questa primissima fase sono verbalizzate in un documento di brief condiviso che servirà a preparare un preventivo dettagliato, un retroplanning ed eventuali specifiche tecniche. A questo punto si avviano i motori della macchina produttiva. Ad esempio comporre la squadra giusta, fare lo scouting delle voci o degli ospiti, curare la scrittura dei copioni, seguire la regia in studio di registrazione, supportare gli speaker, gestire o supervisionare il processo di post produzione, monitorare le metriche del podcast, occuparsi della parte contrattuale e finanziaria di tutte le parti coinvolte. Alcune attività possono essere in capo allo stesso podcast producer, altre delegate a un team di professionisti che reputa di volta in volta più adatti al tipo di progetto. In definitiva però, essendo il responsabile di tutta la produzione, deve conoscere gli impatti di ciascuna funzione e intervenire laddove è necessario per garantire il successo del progetto finale. Principali responsabilità di un podcast producer Entriamo un po’ più nello specifico e delineiamo meglio alcune delle principali responsabilità che implica ricoprire il ruolo di produttore di podcast. Riguardano 4 fasi specifiche: pre produzioneproduzionepost produzionepromozione Analisi del brand In pre produzione il podcast producer dedica lo stadio iniziale ad analizzare: identità del brand, tono di voce, obiettivi, contesto comunicativo aziendale, settore di appartenenza, competitor, piano strategico interno e, non ultimo, il budget. Questa attività è propedeutica a eseguire un prodotto coerente con la linea comunicativa del brand. Alcuni brand strutturati hanno già linee guida definite e scritte in documenti interni da cui attingere. In altri casi è essenziale fare domande specifiche e tirar fuori l’anima del brand. Ad ogni modo, la comunicazione è essenziale. Progetta strategie di podcast marketing In base a quanto condiviso in fase di analisi, il podcast producer prepara una strategia marketing per il podcast che possa inserirsi nella dinamica aziendale e supportare il piano strategico interno. Podcast Marketing: come creare la strategia giusta per il tuo business Leggi tutto È importante coinvolgere tutti gli stakeholder dell’azienda per avere il commitment. Senza di esso, è difficile se non impossibile garantire l’intero processo di produzione, con gravi ricadute in termini di tempi e costi finali. Seleziona e coordina il team di produzione Se la strategia proposta è approvata e c’è il commitment allora il produttore inizia a selezionare il team di professionisti da coinvolgere nel progetto. Sulla scelta influiscono principalmente: concept, soggetto narrativo, budget e desiderata del cliente. Il team può già essere parte organica della struttura interna della casa di produzione, ad esempio fonici audio, curatori editoriali, marketer. In molti casi lo stesso producer può ricoprire uno o più di questi ruoli. Tuttavia, potrebbero servire figure specifiche per il tipo di podcast commissionato: autori specializzati in determinati settori, speaker o talent che prestino voce e nome al progetto, tecnici del suono attrezzati per specifiche riprese audio. È il producer che coordina l’intero team scandendo i tempi di ciascuna fase e assicurandosi che le scadenze siano rispettate. Gestisce e supervisiona il processo di produzione In qualità di figura centrale tra il team di produzione e il cliente, il podcast producer supervisiona tutta l’attività facendo in modo che le parti siano sempre allineate sul da farsi. Segue la cura editoriale dei testi accertandosi che siano coerenti con il concept e il tono di voce del brand.Si preoccupa di far approvare gli script dal referente del committente.Coordina e dirige le riprese audio, editing e montaggio.Approfondisce eventuali aspetti legali su citazioni, musica e fonti audio.Si accerta che il cliente sia costantemente aggiornato sull’avanzamento del progetto e ogni task condivisa e approvata secondo i tempi e i modi stabiliti.Cura la distribuzione sulle piattaforme di ascolto. Supporta le attività di marketing e promozione Sulla base di quanto previsto e condiviso con il brand sia in termini di ruoli sia di budget, il producer si preoccupa di seguire le attività di promozione del podcast siano esse svolte dal cliente stesso, sia se delegata totalmente. Il supporto è necessario perché spesso il cliente, o chi per esso, non conosce le dinamiche di promozione del podcast e potrebbe non sfruttarle appieno. Competenze trasversali e tecniche del podcast producer Visto il ruolo complesso e polivalente che ricopre il produttore di podcast, è ovvio che sulla sua figura convergono più competenze. Alcune di queste sono comuni alla figura di Podcast Coach di cui parleremo più avanti. Da una parte ci sono le competenze tecniche o hard skill che riguardano l’insieme di conoscenze acquisite nei percorsi di formazione e nell’esperienza diretta. Dall’altra si contrappongono le competenze trasversali o soft skill che comprendono tutte quelle caratteristiche e attitudini personali che definiscono il modo di agire e interagire con altre persone. Sono le abilità proprie di una persona. Alcune possono essere innate, altre migliorate o stimolate grazie al proprio background personale e professionale. Soft Skill  Ecco alcune competenze trasversali necessarie per diventare podcast producer. Capacità comunicativa: saper ascoltare in primis, essere in grado di esprimersi in modo chiaro e trasparente senza fraintendimenti e mantenere aperto il dialogo anche nelle situazioni di stress.Team working: lavorare in gruppo può non essere semplice se le figure sono completamente diverse tra loro e hanno modalità e approcci diversi. Riuscire a collaborare con tutti è necessario per portare a casa il risultato.Capacità organizzativa: pianificazione e organizzazione sono essenziali per rispettare i tempi ed essere efficienti. Qui le doti di project management sono di grande aiuto sia per prevedere eventuali criticità che per preparare e valutare in modo realistico il planning.Spirito d’iniziativa: aiuta a sviluppare e proporre idee essendo disposti anche ad assumersi qualche rischio.Precisione: essere accurati e diligenti rassicura sempre il cliente e il collaboratore. Essendo responsabili di un progetto, la precisione deve a cascata essere richiesta a tutto il team di produzione.Leadership: gestire più persone e creare un clima di collaborazione e proattività serve a lavorare tutti verso uno stesso obiettivo. Hard skill  Alcune delle competenze tecniche che il podcast producer deve avere sono: conoscenza del settore podcast: tenersi informato sulle evoluzioni del mercato, i trend, le novità, gli eventi, le nuove produzioni e i quanto è già stato prodotto.Conoscenza sull’uso degli strumenti di editing audio: saper utilizzare i vari tipi di attrezzature necessarie per registrare, editare e post produrre un podcast, uso dei microfoni e delle workstation audio digitale (DAW) è sempre utile anche se in alcuni progetti si può scegliere di affidarsi a un fonico audio. Questa skill si rende necessaria anche per valutare la fattibilità o meno di alcune scelte creative.Conoscenza di marketing: visto che il podcast è un canale di comunicazione adatto per fare branding e content è opportuno sapere come muoversi per promuovere e progettare strategie adatte.Capacità di project management: il podcast è un progetto complesso che si sviluppa su più task e si distribuisce su più figure professionali con fasi consequenziali e talvolta sovrapposte. Una competenza sulla gestione dei progetti serve a tenere le fila di tutto senza perdere il senno.Capacità di scrittura: sebbene non sempre sia necessario essere anche autori dei testi, il podcast producer deve conoscere bene la lingua italiana e saper curare e revisionare i testi perché siano adatti all’audio, alla narrazione e al tono di voce del brand. Come si diventa podcast producer Sebbene nell’ultimo anno e mezzo siano sorti diversi percorsi formativi per imparare a creare podcast, in modo più o meno professionale, in effetti non esiste ancora una formazione specifica per podcast producer.  Essendo una di quelle nuove professioni digitali nate con l’evoluzione comunicativa audio, si è delineata nel corso di questi ultimi anni e continua a definirsi. Un po’ come gli Youtuber o gli Instagram Bloggers o gli Influencer, nati con i social e il web poi via via riconosciute come vere e proprie professioni. Per cui è facile trovare podcast producer che arrivano da esperienze professionali molto diverse tra loro. Alcuni arrivano dalle produzioni video, altri dalla radio, altri ancora dal marketing, dal project management, dalle produzioni musicali o da formazioni umanistiche. Questa commistione di saperi è un valore aggiunto. Di sicuro il background che ognuno porta con sé definisce lo stile e la specializzazione in cui opera come produttore di podcast. Personalmente applico la mia lunga esperienza in management e controllo di gestione unita alle competenze tecniche di digital marketing per progettare podcast orientati al business sia per liberi professionisti che aziende. A questo aggiungo formazione specifica in ambito podcast marketing, in scrittura testi per l’audio e in conduzione radiofonica. L’esperienza sul campo, però, è fondamentale. Così come il networking. Per iniziare, è utile seguire progetti semplici, crearsi dei casi studio in differenti contesti e settori, collaborare come junior podcast producer insieme a produzioni più grosse o con professionisti più esperti, per poi arrivare alla gestione autonoma di quelli via via più complessi. Podcast Producer e podcast Coach: quale ti serve? Qual è la differenza sostanziale tra le due figure professionali? Il podcast producer gestisce l’intera produzione di un podcast commissionato. In pratica attua la desiderata del suo cliente e pensa a tutto.  Il podcast coach è una figura di affiancamento, di guida e supporto nell’accompagnare i clienti nel processo di creazione e lancio di un loro podcast. Le sue attività riguardano la progettazione, la scelta degli strumenti, la strategia di marketing, la formazione, la post produzione e tutto ciò che serve per aiutare il cliente a pubblicare un podcast professionale.  In questo caso il cliente ha una parte attiva nella creazione del podcast e può contare sull’aiuto di un professionista che lo guidi in tutte le fasi. Se sei un’azienda o un professionista che vuole commissionare la creazione di un podcast, avrai bisogno di un podcast producer. Se pensi che possa fare al caso tuo, contattami direttamente e fisseremo una call conoscitiva.  Qui sotto puoi ascoltare due esempi di produzioni audio da me gestite in qualità di podcast producer. Il primo è Storie nel Carrello co-prodotto con Matteo Scandolin per Bennet S.p.A. e il secondo è Le Alleate prodotto per SeoSpirito S.r.l. sul progetto LeRosa.  Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo In quest’articolo voglio parlarti di come creare una sigla efficace per il tuo podcast, partendo dal comprendere cos’è e perché è importante che ci sia all’interno delle puntate. Se attualmente sei nella fase di creazione del tuo prodotto podcast oppure ci stai pensando e ti stai documentando su cosa fare e come realizzarlo, allora questo articolo ti sarà molto utile perché è ricco di spunti pratici.  Analizzeremo quali sono gli elementi che la compongono da cui trarre input utili per iniziare da subito a creare la sigla del tuo podcast. Quella che condividerò è la mia esperienza diretta di Podcast Coach, maturata nel tempo, assistendo nuovi podcaster in erba. Cos’è una sigla podcast e perché è importante?  La sigla di un podcast è un breve motivo sonoro che funge da elemento introduttivo al programma, in questo caso al podcast stesso. Ha un breve testo, una musica di sottofondo e dura in genere tra i 10 e i 15 secondi. Il motivo è ricorrente, ossia si ripete così com’è, esattamente per ogni puntata podcast.  Vi sono, tuttavia, alcuni casi nei quali le sigle possono variare leggermente da una puntata all’altra, relativamente al testo che le compongono. Infatti, in alcuni casi la sigla può fungere anche da presentazione dell’argomento specifico trattato nella puntata o degli ospiti che seguiranno, per cui lo script può variare lievemente. Per esempio, la sigla del podcast “Dieci Tredici”, di cui curo il montaggio audio, è contraddistinta sempre dalla stessa durata, struttura e musica. Solo la parte finale della sigla varia di volta in volta in base all’ospite che verrà intervistato.  Perché può cambiare il testo ma l’elemento sonoro è sempre lo stesso? Perché il motivo sonoro dona al podcast un’impronta identitaria. La base musicale sempre identica crea familiarità e rende riconoscibile il tuo podcast.  Come avrai capito, la sigla è un elemento talmente importante che consiglio vivamente di prevederla ed inserirla in ogni puntata, indipendentemente dal format podcast che si è scelto di adottare.  La sigla è a tutti gli effetti la trasposizione della Value Proposition: una delle primissime cose su cui è necessario ragionare quando si decide di iniziare a progettare un podcast, in quanto elemento di ingaggio per i nuovi ascoltatori. La sigla dà all’ascoltatore la percezione di capire dove si trova e, soprattutto, se si trova nel posto giusto. Fornisce le coordinate dell’intero podcast al nuovo ascoltatore che, magari, anziché partire dal trailer, inizia dalla prima puntata che trova nella lista degli episodi. Come creare la miglior sigla senza sbagliare Sono 4 gli elementi che contraddistinguono una sigla podcast efficace e che non possono mancare: presentare te stesso: chi sei, di cosa ti occupi, in che veste stai parlando. Ad esempio sei un esperto nella materia di cui parli? ti occupi di quello per lavoro oppure sei un appassionato e stai creando un podcast per parlare di una tua passione? Le persone vogliono sapere chi sei e perché proprio tu ne stai parlando.Presentare il programma del podcast: cosa devono aspettarsi gli ascoltatori, di cosa parlerai e qual è la tematica generale che tratti nel tuo podcast.Far capire per chi è questo podcast: per esempio se sto facendo un podcast in cui parlo di fotografia per principianti, è ovvio che sarà totalmente diverso da un podcast che parla di fotografia per esperti. A seconda dell’argomento, cambia il target e il modo in cui parlerò per rivolgermi al mio pubblico.Chiarire il motivo per cui dovrebbero ascoltarti: oltre a voler sapere chi sei, il tuo potenziale ascoltatore vuole sapere qual è la promessa trasformativa che proponi. In sostanza, cos’hai da offrire? La vera sfida è condensare questi concetti in pochissime parole. È tutt’altro che semplice ma non scoraggiarti: servirà concentrazione, buona volontà e tanti tentativi. Nella progettazione del tuo podcast, la preparazione della sigla è una delle prime cose a cui pensare. È proprio sintetizzando al massimo il concetto che hai in testa, che inizi a capire se l’idea può funzionare. È il momento in cui capisci se il tutto ha un senso.  Se non riesci a scriverlo in poche righe è perché, forse, la tua idea ha bisogno di maturare ancora un po’ oppure va modificata e rielaborata. Inoltre, comporre la sigla ti permette di capire che mood vuoi dare al tuo podcast, quale stile sonoro, con che sfumatura vuoi veicolare il tuo messaggio. Come registrare la sigla podcast Immaginiamo che tu abbia scritto il testo definitivo della sigla e che abbia già immaginato anche un genere musicale in abbinamento. È giunto il momento di scegliere come preparare la sigla del tuo podcast. Hai di fronte a te tre diverse strade tra cui scegliere: registrarla con la tua voce, scegliere una base musicale da una libreria di brani royalty free e montarla in autonomia con un software di montaggio;registrarla con la tua voce e affidare il montaggio ad un fonico o a un podcast producer; rivolgerti a un doppiatore professionista per la registrazione della voce o acquistare un jingle “chiavi in mano” che alcune aziende vendono. Quello che cambia da una scelta all’altra è: il budget che hai a disposizione;il risultato che vuoi ottenere;il livello di professionalità che vuoi dare;la tua capacità di usare un programma di editing e montaggio. Tutte motivazioni valide e funzionali al tempo stesso. Un aspetto su cui voglio richiamare la tua attenzione è quello di usare musiche con licenza royalty free per non violare il diritto di autore degli artisti. Online troverai tanti cataloghi musicali sia free che a pagamento, tuttavia, per orientarti nella ricerca ti rimando alla mia guida sulla scelta della musica per il podcast. Se hai in progetto di realizzare il tuo podcast personale e vorresti richiedermi una consulenza personalizzata, sarò felice di essere la tua Podcast Coach. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Il libro Partire dal Perché di Simon Sinek non ha bisogno di molte presentazioni così come il suo autore. Speaker motivazionale e imprenditore britannico che ha lasciato il segno con il suo Ted Talks. Attualmente uno tra i più scaricati nel web. Il titolo originale è “Start With Why“. Un libro infatti che spiega perché alcune persone e aziende hanno più successo di altre. Lo fa partendo dal loro “perché“, la leva più potente per coinvolgere le persone. La trama di Partire dal Perché Il libro parte da un’analisi del motivo per cui noi, come tutti i consumatori, tendiamo a prendere decisioni. Solitamente pensiamo infatti di sapere determinate cose e sulla base di quelle agiamo, scegliamo. Se dovessimo tuttavia analizzare ogni singolo dato e sfaccettatura, prima di prendere una decisione, potremmo dire di essere certi di aver optato per la scelta migliore, di aver fatto la cosa giusta? Le analisi, appunto, portano a decisioni pressoché razionali. Per lo meno, le crediamo tali. Esse sono più spesso il frutto di un alcuni stili comunicativi delle aziende che intendono venderci i loro prodotti o servizi. Generalmente le vendite tradizionali si fanno seguendo queste metodologie: far leva sulle paure delle persone, come se il prodotto o servizio offerto potesse garantire protezione e risolverle;rendere il prodotto vantaggioso in termini di prezzo, le cosiddette offerte;voler emulare un personaggio pubblico che per esempio è testimonial dell’azienda venditrice;enunciando slogan informativi ormai di tempi passati, che non raccontano nulla di che, né sull’azienda, né sui prodotti o servizi che essa offre. In queste tipologie di vendita, è più spesso usata la manipolazione ma manca l’ingrediente principe attorno al quale Partire dal Perché crea l’aurea d’oro di interesse: l’ispirazione. Le tecniche elencate sopra portano in alcuni casi a dei clienti nuovi che, forse, in quel momento, trovano più vantaggioso il nostro prezzo o decidono di comprare il nostro prodotto sulla base di una percezione – o una deduzione – che sembra essere la migliore. Così facendo, le aziende dovranno continuamente inventarsi qualcosa per attirare l’attenzione del consumatore ed emergere sulla concorrenza. Ispirare le persone è tutt’altra faccenda: crea una relazione di lunga durata con il cliente, un attaccamento al brand, ai valori che condividerà egli stesso. Sarà disposto anche a pagare un prezzo maggiore rispetto a quello dei competitors, perché il valore percepito sarà superiore. Come si fa ad ispirare le persone? Ispirare le persone è una dote innata o si può imparare a farlo? Alcune persone usano questa tecnica senza nemmeno sapere che esiste. Altre la imparano e capiscono la differenza sostanziale tra manipolare ed ispirare. Simon Sinek nel suo famoso Ted Talk intitolato “The Golden Circle” spiega in modo affascinante come raccontare qualcosa alle persone ed ispirarle. Disegnando tre cerchi concentrici, la nostra presentazione toccherà tre livelli: The Golden Circle (immagine royalty free) quello più esterno (What) descriverà in generale cosa facciamo, qual è la nostra attività;il secondo livello parla di come lo facciamo (How) e sostanzialmente rappresenta i nostri USP (Unique Selling Point), quelli che davvero dovrebbero differenziare la nostra società o noi stessi;il cerchio più piccolo, centrale (Why) è il cuore del nostro speech e parla del perché lo facciamo, non solo quale scopo vogliamo raggiungere ma anche perseguendo quale ideale. Ogni leader che abbia la capacità di ispirare parla partendo dal cuore del Why e proseguendo verso l’esterno, dove il come e il cosa sono delle conseguenze. Quello che si costruirà con discorsi che siano in grado di ispirare le persone non sarà una base clienti bensì un vero e proprio seguito, una sorta di community di persone fedeli. Il Golden Circle permette di costruire connessioni con le persone, a livello emozionale. La mia recensione di Partire dal Perché Quando pensiamo al Golden Circle ed a Partire dal Perché la connessione con Steve Jobs è immediata. Ne parla Simon Sinek nelle primissime pagine del libro e non possiamo non ritrovare la sua voce e il suo “Stay hungry, stay foolish” tra le pagine. Apple non rappresenta un computer, Apple rappresenta un modo di pensare e di essere differente. Leggendo Partire dal Perché ho ripensato molto al modo in cui prendo solitamente le mie decisioni, in termini d’acquisto. Mi sono resa conto di quante siano le occasioni in cui effettivamente io faccia parte di un insieme di persone che vengono amabilmente manipolate. Saperlo mi da una nuova consapevolezza nel fare delle scelte. Così come mi mette in guardia da chi promuove smodatamente un Why cercando di far breccia nelle emozioni. Questa lettura mi ha aiutata a trovare una sorta di “quadra” in quanto realmente, essere convinti delle proprie scelte corrisponda ad un equilibrio tra il “sentire” di aver fatto il giusto acquisto e condividere gli obiettivi e gli ideali dell’azienda da cui abbiamo comprato. Declinando il Golden Circle in ambito aziendale, è necessario che l’effetto del Perché si propaghi nel tempo come il flusso delle onde, incessantemente. Assumere persone che devono essere motivate è differente dall’assumere persone che sono motivate di per sé e che è necessario ispirare, continuamente nel tempo. Un’azienda sana inoltre non sarà composta unicamente da persone visionarie. Queste dovranno essere affiancate da chi conosce il Come. Era il caso di Apple, in cui il visionario e il comunicatore era Steve Jobs mentre il How era il suo socio Steve Wozniak, co-fondatore di Apple. A chi consiglierei questo libro? Alle persone che vogliono affermare il proprio brand, a chi è a capo di un team, ad imprenditori ed imprenditrici, ad oratori e in generale a chiunque voglia essere ascoltato. Consiglierei questo libro a chiunque abbia l’obiettivo di parlare a una o più persone con l’intenzione di trasferire ciò in cui crede, non meramente vendere. Frasi indimenticabili di Simon Sinek “Le grandi compagnie non assumono bravi lavoratori e li motivano, ma assumono persone motivate e le ispirano.”“Le persone non comprano quello che facciamo, comprano il perché lo facciamo. Come lo fai dimostra semplicemente ciò in cui credi.”“L’obiettivo non è fare affari con tutti coloro che hanno bisogno di ciò che vendi. L’obiettivo è fare affari con persone che credono in ciò che hai.” Letture e Podcast consigliati Se hai intenzione di leggere Partire dal Perché (o lo hai già letto), la lettura successivamente immediata che ti consiglio è Trova il tuo perché sempre di Simon Sinek. Un altro interessante volume scritto dal medesimo autore è “Ultimo viene il leader” in cui oggetto di discussione è il team: perché alcuni team funzionano ed altri no. Questa volta, eccezionalmente, anziché suggerire un podcast specifico, mi sento di parlare del sito da cui personalmente non manco mai di trarre ispirazione: ted.com. A questo link è possibile scaricare delle playlist come gli 11 imperdibili Tedx che hanno segnato la storia dei Ted Talks, piuttosto che la playlist dei 25 video di Tedx più condivisi e discussi. Tra questi proprio quello di Simon Sinek: The Golden Circle. Francesca LucenteInnamorata della mia famiglia, del digital marketing e dei libri. Bookblogger per passione. Attraverso il mio blog sulla lettura voglio diffondere l’amore per la cultura, i libri e la formazione. I miei valori sono la condivisione e la collaborazione, soprattutto fra donne. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Si è appena conclusa la settima edizione del Festival del Podcasting 2022 e io sono ancora nel vortice di emozioni, stanchezza, novità e sorrisi, tanti sorrisi. Sì perché quando podcaster di tutta Italia, editori, piattaforme, brand del settore e sponsor si riuniscono per il più grande evento italiano dedicato al mondo del podcast e dello streaming audio, non può che essere altrimenti. Sensazioni condivise da chi lo frequenta da anni, da chi era lì per la prima volta, ma anche (e soprattutto) da chi lo vive da dentro e contribuisce a dargli forma fin nei mesi precedenti. Il Festival del Podcasting è organizzato da Giulio Gaudiano, patron dell’evento, e da una schiera di volontari podcaster che mettono a disposizione la loro professionalità e il loro tempo per attivare la macchina organizzativa. Io sono alla mia quarta edizione come membro dello staff organizzativo e ogni anno è un crescendo di novità, livello, partecipazione. Se ti sei perso il Festival, seguimi e scopri con me i momenti salienti visti da chi era nello staff organizzativo. Il festival del podcasting oggi Com’è andata questa edizione 2022? Partiamo dai numeri. Si sono susseguiti sul palco fisico e virtuale ben 115 speaker che hanno animato 16 tavole rotonde, 10 workshop, 22 “FocusOn” di approfondimento, 4 talk ispirazionali, 4 podcast live, 2 presentazioni di libri e 13 “Storie di podcaster”. Più di 100 podcast sono stati candidati e presentati nella sezione dedicata ai Podcaster Emergenti, un momento sempre molto atteso sia da chi entra nel mondo del podcasting da neofita, sia da chi lo vive da più tempo. Ben 900 persone tra podcaster alle prime armi, professionisti del mondo digital audio, editori e rappresentanti delle piattaforme, hanno preso parte al programma che si è svolto lungo l’intera settimana dal 3 ottobre all’8 ottobre 2022: cinque giorni online e nella giornata conclusiva in presenza presso Le Village by CA di Milano. ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting, l’ente no-profit impegnato nella diffusione della cultura del podcasting in Italia, ha presentato la creazione della Casa del Podcast a Roma, all’interno di Technotown, struttura del Comune di Roma dedicata all’applicazione delle nuove tecnologie alla creatività e all’innovazione. Numerosi gli sponsor dell’evento che, nell’edizione 2022, sono stati Amazon Music, Spreaker from iHeart, Patreon, Vois, Goodmood e Voxyl voce gola. Ad aprire il festival lunedì 3 ottobre Amazon Music con il discorso di Craig Strachan, Head of Podcasts per Europa, Australia e New Zealand, sulla visione che Amazon Music ha del Podcast e del suo ruolo in Italia e nel mondo: promuovere il podcast come strumento per portare alla luce le storie individuali e i movimenti che promuovono la diversità e l’inclusione. Dj LoQi Libri del Festival Visione che si sposa in pieno con i valori e la cultura del Festival espressi proprio dal fondatore Giulio Gaudiano. Nel suo speech d’apertura ha infatti sottolineato l’importanza di promuovere il podcasting indipendente e sostenerlo creando occasioni di crescita e condivisione, mettendo in connessione altri podcaster e realtà editoriali. “Non ci dimentichiamo che il podcasting nasce indipendente e nasce libero. È stata questa libertà a stimolare la creatività ed è stata questa creatività e questa abbondanza di contenuti, di idee…” a renderlo grande oggi.Giulio Gaudiano Le novità dell’edizione 2022 Questi i numeri del Festival del Podcasting oggi, che confermano quanto sia cresciuto l’evento nel corso degli anni. Ricordo la mia prima partecipazione nel 2019 da podcaster emergente: poco più di 300 partecipanti e una sola giornata in presenza al Talent Garden di Milano. Nel 2022 il Festival dura una intera settimana e dà spazio a un programma molto più fitto e ricco di contenuti. Questa la prima importante novità di questa settima edizione. Lunedì 3 ottobre la giornata era dedicata a creatività e creazione di contenuti: concept, format, scrittura o improvvisazione. Il Martedì 4 ottobre, giorno dedicato a produzione e sound design, si è parlato di ciò che è necessario per creare un podcast di qualità: dall’attrezzatura, registrazione, sound design e montaggio. Mercoledì 5 ottobre gli incontri online si sono concentrati su piattaforme e tecnologie di distribuzione mettendo a fuoco le migliori strategie di marketing per far crescere una podcast. Giovedì 6 ottobre si è parlato di modelli di business e monetizzazione: dall’advertising al crowdfunding per capire quanto e come si guadagna con un podcast nel mercato italiano. Venerdì 7 ottobre, l’ultima giornata online, è stata dedicata al branded podcast. Qui hanno parlato sia le aziende che hanno scommesso sul podcasting per raccontare il proprio brand, sia i produttori ed editori che hanno creato branded podcast di successo. Tra questi c’ero anche io insieme al Direttore Marketing di Bennet S.p.A., Simone Pescatore, per presentare i risultati ottenuti con il nostro podcast Storie nel Carrello e promuovere il podcasting nel mondo della GDO. Sabato 8 ottobre, infine, la giornata dal vivo è stata interamente dedicata ai trend, all’ispirazione e al networking. Ma non solo. Infatti, tra le novità di quest’anno ci sono state proprio le esibizioni dal vivo di 4 tra i migliori podcast italiani dell’ultimo periodo: Bistory, il podcast che dal 2018 racconta storia dal punto di vista dei personaggi meno conosciuti. L’autore Andrea W. Castellanza, insieme al sound designer Paolo Righi e al doppiatore Edoardo Daltin hanno portato una puntata speciale dedicata alla genealogia del podcast.È il sesso bellezza, ideato, scritto e prodotto da Giulia Di Quilio, attrice e performer burlesque che in una dimensione intima e personale affronta i temi caldi del sesso. Qui ha presentato un’anteprima della sua seconda stagione in uscita nei prossimi mesi.Storie di economia finanziaria, il podcast realizzato dai fondatori della startup Bankstation, Luca Dann e Francesco Namari. Insieme alle voci di Giorgio Namari e Anna Caterina Helm e al sound designer Andrea Roccabella, la puntata speciale parlava dell’accesso al credito raccontato con le app di incontri.Architettura di una canzone, il podcast che scompone e ricostruisce le canzoni che hanno fatto la storia della musica attraverso tecnica e narrazione. Giuliano Dottori, musicista e cantautore insieme a Loretta Da Costa Perrone, hanno presentato una versione inedita della puntata dedicata a David Bowie con i suoni live di chitarra e basso. Performance live Ester Memeo Inoltre, sempre nella giornata di sabato 8 ottobre il palco ha ospitato la consegna del Premio Podscar al giornalista Carlo Annese e l’annuncio del riconoscimenti Pod24 di Radio 24 a Francesca Zanni per il podcast “Rumore” e a Sofia Nardacchione e Angelo Miotto per il podcast “Operazione infinito”. Infine, ad allietare tutti gli ospiti presenti nella giornata del Sabato, la musica del Dj LoQi che in una performance livestream ha dato un tocco magino all’intera atmosfera del festival. Dietro le quinte dell’organizzazione La macchina del festival si mette in movimento mesi e mesi prima, e chi ha già organizzato eventi sa che le attività da coordinare sono davvero tante. Se l’edizione 2019 per me rappresentava l’inizio di una carriera nel mondo del podcasting, oggi nel 2022, sono parte dello staff organizzativo e in questa edizione anche presentatrice delle performance live del Festival. I 18 volontari, membri a loro volta dell’Assipod, hanno messo a disposizione le loro personali competenze per creare il programma, sviluppare i software di gestione degli interventi, coinvolgere gli speaker, organizzare incontri di network, scegliere e allestire la location, preparare i comunicati stampa e accogliere con il sorriso ogni partecipante. Ringrazio tantissimo ciascuno di loro proprio per come insieme abbiamo lavorato. Parte dello staff del Festival del Podcasting 2022 Ciò che contraddistingue il Festival del Podcasting è la cultura stessa del podcast, libera e indipendente, scevra da ogni sovrastruttura competitiva e aperta a ciò che offre valore a chi ascolta i nostri podcast. Credo sia proprio questo il segreto del suo successo. Un successo misurato non solo nei numeri che ogni anno evidenziano una crescita esponenziale, ma anche e soprattutto nel sentiment che si respira in ogni giornata tra addetti ai lavori, professionisti, emergenti e aspiranti podcaster. Prevale la componente umana, non la performance fine a se stessa. Ed è proprio la componente umana a dare alla performance ciò che la rende grandiosa. Questo è ciò che ogni anno portiamo avanti come team organizzativo del Festival e ciò che spinge tutti noi a creare un evento di tale portata. I valori che ci accomunano sono la condivisione e la libertà di espressione. Che poi, sono gli stessi che mi contraddistinguono come podcaster professionista. Il Festival del podcasting non finisce mai Se l’edizione 2022 ha appena lasciato la sua scia, noi siamo già proiettati alla prossimo appuntamento. Il Festival del Podcasting 2023 si terrà dal 25 al 30 settembre, sempre in versione online e in presenza. La decisione di anticipare di qualche giorno l’evento è finalizzata a festeggiare tutti insieme la giornata mondiale del podcasting che cadrà appunto sabato 30 settembre 2023. Come non esserci? Se non vuoi perdertelo e anzi, vuoi entrare a far parte del mondo del podcasting, iscriviti alla newsletter Prospettive e sarai tra i primi a conoscere le novità del settore e chissà, magari diventare uno dei prossimi podcast emergenti. E se così fosse, scrivimi, sarò lieta di accompagnarti come Podcast Coach a realizzare il tuo desiderio. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Le descrizioni degli episodi podcast sono uno strumento potente per attirare l’attenzione di nuovi ascoltatori e stimolare il loro interesse. Ma sono anche molto importanti per i motori di ricerca, in quanto aiutano i crawler a capire la natura del contenuto dell’episodio e a indicizzarlo correttamente nei risultati di ricerca. Una buona descrizione quindi può, non solo portare nuovi ascoltatori, ma aumentare la visibilità del tuo podcast. Il che significa aumentare la brand awareness, generare più lead, aumentare le conversioni, la reputazione del brand e la sua authority. E se mi segui da un po’ sai anche che il podcast è uno dei canali di comunicazione che se integrato in una strategia di marketing, concorre a posizionare il brand anche sui motori di ricerca. Uno degli elementi che aiutano il podcast a posizionarsi nei motori di ricerca è la descrizione degli episodi. E ora vedremo in che modo. Come ottimizzare le descrizioni podcast Sono due i fattori da tenere in considerazione per ottimizzare le descrizioni degli episodi podcast: la lunghezza del testo descrittivo le parole chiave pertinenti inserite al suo interno. Proprio come ho spiegato nell’articolo sulle descrizioni efficaci, prendendo come similitudine le meta description delle pagine web, è molto importante sfruttare i primi 160 caratteri della descrizione per spiegare subito la natura del contenuto e spingere l’utente a fare clic. Infatti questa dimensione equivale alle prime due righe di testo che sono visibili e leggibili sotto al titolo del contenuto che compare sulla SERP di Google. Tutto ciò che supera questo spazio è troncato. Analogamente, perché siano efficaci per ingaggiare l’utente, tutti i testi descrittivi degli episodi podcast devono usare lo stesso criterio, cercando di sfruttare al massimo quelle prime due righe per: dire subito di cosa tratta la puntata indicare perché dovrei ascoltarla usare parole chiave pertinenti. Quando Includiamo le parole chiave appropriate nella descrizione stiamo aiutando il crawler dei motori di ricerca a capire il contenuto dell’episodio e a indicizzarlo correttamente. Così quando un utente digita sulla barra di ricerca l’argomento o la domanda di suo interesse se esiste un nostro contenuto podcast che risponde a quell’intento di ricerca, e Google lo ha indicizzato correttamente, lo proporrà tra i risultati. Questo è lo scopo primario dell’ottimizzazione SEO delle descrizioni podcast per i motori di ricerca. Come usare le descrizioni per aumentare le visualizzazioni e i download del tuo podcast? Puoi usare le descrizioni podcast per aumentare le visualizzazioni e gli ascolti del tuo podcast in tre modi: distribuendo il podcast su tutte le piattaforme e canali disponibili inserendo link interni per altri episodi correlati e tutti i tuoi canali inserendo link di approfondimento e/o degli ospiti se presenti. Distribuzione sulle piattaforme podcast Se hai distribuito il tuo podcast su tutte le piattaforme di ascolto, la tua descrizione comparirà su ciascuna di esse e quindi i link che Google ti mostrerà nella SERP saranno tutti quelli riferiti alle app di ascolto su cui il contenuto è presente. Quindi ci sarà il link di Apple Podcast, di Spotify, di Spreaker se lo usi come host, di Anchor, di Amazon Music, ma anche del tuo sito web, se hai creato una pagina ad hoc, o di Youtube se hai fatto la distribuzione sul tuo canale. Insomma tutto ciò che può aver indicizzato il motore di ricerca sull’argomento. Avere la possibilità di comparire sulla SERP con più risultati è un grosso vantaggio. Ti aiuterà ad aumentare la visibilità e a posizionarti meglio per specifiche chiavi di ricerca, non solo per il titolo dell’episodio che hai scelto ma anche per la descrizione.  Qui ti riporto un esempio dei risultati di ricerca relativi al mio Podcast per il Business. Digitando la parola chiave podcast e seo in modalità anonima compaiono una serie di risultati che riportano: il carosello di Google Podcasts con 2 episodi del mio Podcast per il Business in 1a posizione dopo il carosello, il link di Soundcloud in cui ho distribuito l’ep. 27 in 2a posizione il link a un mio articolo blog in 3a posizione il link di Apple Podcast con uno dei miei episodi podcast in 4a posizione il link all’articolo del blog di Luisella Curcio con cui ho fatto un’intervista nel podcast. Query estratta in data 28/01/2023 Inserire link nelle descrizioni episodi podcast Inserire link cliccabili e parlanti nella descrizione dell’episodio aiuta l’ascoltatore a far scoprire altri contenuti da ascoltare, altre risorse da leggere o approfondire ed entrare così all’interno del nostro funnel marketing.  A quali link mi riferisco? Link di contatto, link ad altri episodi correlati, link a fonti e/o articoli blog, call to action pensati per portare l’ascoltatore verso altri strumenti strategici per il nostro business.  Insomma, tutto quello che serve per portare l’ascoltatore a un livello successivo, a farlo entrare nel nostro mondo attraverso altre porte. Se non inserisci i contatti o i tuoi riferimenti diretti, sarà difficile convertire gli ascoltatori in clienti.  Descrizioni degli episodi podcast esempio Ti riporto due esempi di descrizioni episodi podcast da cui puoi prendere spunto per la tua ottimizzazione: il podcast Strategia Digitale di Giulio Gaudiano Podcast per il Business, il mio podcast personale. Nella descrizione di di Strategia Digitale c’è subito un trafiletto ingaggiante che riporta le parole chiave contenute anche nel titolo, le fonti che vengono citate e i relativi link di riferimento, e una call to action a seguire tutti i canali dell’autore per approfondire altre tematiche o accedere a delle aree riservate come Patreon. Nelle note dell’episodio di Podcast per il Business trovi gli stessi elementi di cui sopra, ma in aggiunta un uso appropriato dei grassetti per evidenziare le parole chiave e/o i riferimenti principali, i link parlanti e cliccabili, una BIO dell’autrice, il link di approfondimento e una playlist Spotify con il mio portfolio.  Se hai fatto un bel lavoro di ottimizzazione delle descrizioni e il contenuto è indicizzato, è importante aggiungere tutte queste informazioni aggiuntive. Saranno i tuoi strumenti per convertire gli ascoltatori in potenziali clienti. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Sono una gran sostenitrice del podcast come strumento di marketing. Dopo tutto mentirei se dicessi il contrario. Ciò nonostante sostengo anche che il podcast non possa essere il tuo unico strumento di web marketing a sostegno del business. Potrebbe sembrare una dichiarazione assolutamente scontata. Eppure, uno degli errori più frequenti in cui mi sono imbattuta durante le mie consulenze di podcast con liberi professionisti è credere che il podcast da solo possa essere la chiave magica per raggiungere tutti gli obiettivi di business che ci si è prefissati. E magari usarlo per farci soldi. Sui vantaggi del podcast ne ho parlato spesso, ma ciò non toglie che il podcast sia uno dei tanti canali di comunicazione che completano l’ecosistema comunicativo del brand. Non l’unico. Ora vedremo perché il podcast non basta e cosa fare se stai avviando una nuova attività e vuoi partire dal podcast. Quali sono gli strumenti di marketing digitale Il digital marketing è il termine sotto il quale confluiscono tutte quelle attività di marketing che usano i canali web per lo sviluppo online del proprio business. Per chiarezza dunque, quali sono gli altri strumenti di web marketing a cui mi riferisco? Social Media marketing Tutte le piattaforme social usate per la condivisione di contenuti visual e testuali che nascono con l’obiettivo di instaurare relazioni, intrattenere, informare, dialogare con il pubblico in target. Tra i social network troviamo: FacebookLinkedinInstragamTikTokTwitterPinterestSnapchatBeReal SEO (Search Engine Optimization) Comprende tutte le tecniche di ottimizzazione del tuo sito web per migliorare il posizionamento sui motori di ricerca e attrarre traffico organico. È un processo lungo che riguarda diversi aspetti ma che nel tempo dà risultati duraturi. Si parla di SEO on Page riferendosi all’ottimizzazione dei contenuti presenti nel sito (testi, immagini, video) grazie a un appropriato uso di keyword e intenti di ricerca degli utenti su argomenti correlati al nostro business. La SEO off page riguarda le attività esterne al proprio sito e che puntano a migliorare l’autorevolezza (ad esempio i backlink) e aumentare così il posizionamento. I motori di ricerca infatti inseriscono tra i ranking anche l’autorità di un sito. Più i link in ingresso hanno valore, maggiore sarà il beneficio per il proprio sito. Infine la SEO tecnica punta all’ottimizzazione della struttura interna del sito, della costruzione dei link, della codifica delle pagine, la compressione delle immagini, ecc. Content Marketing Il marketing dei contenuti è una strategia prettamente digitale e si riferisce alla “creazione e distribuzione di contenuti di valore, pertinenti e coerenti per attrarre e trattenere un pubblico chiaramente definito…” così come lo definisce il Content Marketing Institute. In pratica parliamo di tutto ciò che riguarda la creazione e la condivisione di contenuti volti all’acquisizione e al mantenimento di clienti (cit. Scrivere per fare business – Michela Trada ed. Do it Human) e che ha un ruolo cruciale nel raggiungimento dei propri obiettivi di marketing. Gli strumenti di content marketing sono: articoli di blogvideo marketingpodcast marketinginfograficheebook e dispenselibri Email marketing Checché se ne dica, l’email è ancora lo strumento con il più alto tasso di redditività ed è anche quello attraverso cui si coltiva la community, si fidelizza e si converte. La newsletter è tra queste.  Advertising Oltre al traffico organico, anche il traffico a pagamento è uno strumento di marketing utile a raggiungere un pubblico più ampio. Social advertising, display marketing, SEM (search engine marketing) sono alcuni degli strumenti più diffusi, così come la pubblicità su podcast e grandi media.  Digital PR L’attività di digital PR (public relation) mira a promuovere un brand grazie alla visibilità ottenuta sui grandi media: magazine online, relazione con la stampa, comunicati stampa, influencer, guest post, blogger di settore.  Come hai notato, ho inserito il podcast tra gli strumenti del content marketing. L’ambito di applicazione però non è solo limitato alla diffusione di informazioni e notizie divulgative. Il branded podcast per esempio è lo strumento usato per rafforzare la brand awareness, fidelizzare gli utenti e far sentire la propria voce e il proprio punto di vista.  4 motivi per cui non basta il podcast come strumento di marketing Il podcast non è un canale di conversione diretta Prima di tutto perché per definizione, non è un contenuto commercial attraverso cui fare pubblicità sui nostri servizi e prodotti. In secondo luogo, per poter convertire è necessario avere una pagina di atterraggio in cui direzionare gli ascoltatori. Modalità di fruizione diverse Le persone hanno abitudini, stili di vita, preferenze molto diverse tra loro anche nel consumo dei contenuti. C’è a chi piace leggere un articolo di blog o una rivista di settore e c’è chi preferisce guardarsi un video su YouTube. C’è chi non ha tempo per fermarsi a guardare un video e sceglie il podcast per sfruttare i momenti di operatività a ridotta attività cognitiva. O ancora, lo stesso utente che bazzica su più canali web, può preferire il consumo di contenuti più veloci in alcuni momenti della giornata (ad esempio i social) e quello di contenuti più strutturati in momenti di relax (come il podcast e i video). Quindi, la nostra target audience potrebbe essere raggiunta in molti modi. Perché non sfruttarli? Multicanalità e podcast: come creare una strategia multi-channel Leggi tutto Più touchpoint più opportunità Tutti iniziamo in un invisibile percorso di marketing ogni volta che entriamo in contatto con un brand, chiamato Customer Journey. Per ogni stadio che attraversiamo deve esserci un touchpoint pronto a direzionare questo percorso. Se manca, qual brand ha perso un’opportunità. Immagina il podcast come il canale di ingresso verso il tuo percorso marketing: dove vuoi portare i tuoi ascoltatori una volta entrati? Come li fai passare allo step successivo per convertirli? Uno o più canali di nutrimento e conversione sono la risposta. Promozione dei contenuti Per promuovere un contenuto c’è sempre bisogno di un altro contenuto. Questa è la legge del content marketing. Se fai una puntata podcast ma nessuno sa che esiste, nessuno l’ascolterà. Come promuoverla? Usando altri canali di comunicazione. Questi sono i motivi principali per cui ritengo sia proficuo creare intorno al podcast un contesto di comunicazione coeso e coerente con i propri obiettivi di marketing. Social, newsletter, sito web, canale youtube, community, blog, canale Telegram, sono tutti elementi che fanno parte di questo contesto. Usare un solo canale non è mai la mossa vincente se vuoi lavorare al tuo personal branding e al tuo business, che sia il podcast o un altro strumento di marketing. Ma che fare se sei agli inizi della tua attività e vuoi partire dal podcast? Strumenti di marketing: da dove iniziare Il dubbio lecito di chi è in fase di avvio di un’attività di business è: da quali strumenti di marketing iniziare? Quando si è agli inizi le risorse economiche e organizzative possono essere limitate. Se sei freelance, oltretutto, molte delle attività ricadono sulle tue spalle. Quindi bisogna fare delle scelte. Gli strumenti di marketing digitale sono tanti e ognuno di essi ricopre un ruolo fondamentale nell’ecosistema comunicativo. Ma voglio rassicurarti. Non serve mettere in pista tutto subito, basta scegliere anche solo un paio di canali che ritieni essere nelle tue corde e nelle tue disponibilità. Il podcast è il canale di comunicazione che fa per te? Leggi tutto Se il podcast è uno dei canali di comunicazione che hai scelto di usare per promuovere il tuo brand è un ottimo punto di partenza. Tuttavia, il mio suggerimento è affiancarlo a qualche altro strumento di conversione. Il sito web, ad esempio è fondamentale per convogliare gli ascoltatori. Ti basta anche un semplice sito vetrina (o landing page) contenente le informazioni basilari per accogliere i tuoi visitatori: chi sei, cosa puoi fare per loro, come contattarti. I social network sono ormai di uso comune. Hai già un account “business” in cui promuovere il tuo personal brand o la tua attività? Sui social puoi attrarre potenziali ascoltatori verso il tuo podcast e viceversa portare gli ascoltatori a fruire di ulteriori contenuti specifici. Questo è ciò che si chiama strategia multi-channel. Insomma, riduci la distanza tra te e i tuoi prospect, ma soprattutto rendi il percorso di avvicinamento semplice e chiaro. Fatti trovare! Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
La mucca viola di Seth Godin è un best seller indiscusso nel panorama del marketing ed è un libro che deve leggere chiunque voglia sapere come distinguersi sul mercato e perché è importante farlo. Seth Godin oltre ad essere autore di diversi libri, è un imprenditore statunitense, oratore ai Ted Talks, noto per aver sviluppato importanti concetti quali il permission marketing, viral e direct marketing. Un approccio che ha decisamente cambiato non solo la vision dell’attività di marketing ma ne ha anche traslato la fase d’azione. Dal post vendita, il marketing entra in gioco sin dalla produzione. Al giorno d’oggi ogni imprenditore dovrebbe al contempo essere capace di agire anche come uomo di marketing. La mucca viola di Seth Godin ci spiega perché è così importante. Trama di La mucca viola La trama di La mucca viola di Seth Godin si sviluppa intorno al concetto di straordinarietà. Esatto, per differenziarsi sul mercato c’è bisogno di aggiungere necessariamente questo ingrediente alla ricetta del nostro brand.  Essere una mucca viola in mezzo a tante mucche marroni. Farsi notare, banalmente. Questo è quello che si potrebbe pensare, semplificando in realtà la trama del libro.  Creare una mucca viola è tutt’altro che banale.  Significa conoscere il proprio mercato, i pensieri del proprio target di clienti, i suoi bisogni. A volte anticiparli. La mossa vincente è infatti trovare una nicchia di mercato e in essa cercare il nostro pubblico, i nostri clienti. Meglio ancora se diamo vita ad un prodotto o servizio tagliato su misura per la nostra nuova nicchia. Oggi, ogni utente riceve migliaia di stimoli attraverso i canali social, la televisione, i giornali. Mentre un tempo era sufficiente pagare degli spazi pubblicitari per lanciare un prodotto, in piena fase post-produzione, al giorno d’oggi bisogna saper nuotare in un mare già pieno zeppo di pesci, di ogni tipo e dimensione. La competizione non riguarda solamente il prezzo ma tante variabili, sino al valore percepito.  Quel che diventa indispensabile è saper pagare (e ripagare) l’attenzione che un potenziale cliente ci dedicherà. Una volta che avremo aperto con lui un canale di comunicazione (per esempio attraverso una newsletter), sarà grazie al permission marketing che avremo appunto il suo permesso di parlargli di quello che ci sta a cuore: il nostro prodotto o il nostro servizio.  Quell’attenzione tuttavia va guadagnata, soprattutto in un momento in cui, come succede per esempio sui social, il nostro potenziale cliente non è affatto lì per acquistare bensì sta svagando.  “Purple cow” è la nuova P che va ad aggiungersi alle 7 P del marketing che influenzano il successo di un prodotto o servizio: prodottoprezzopromozioneposizionamentopubblicitàpackagingpassaparolapermesso. Creare l’effetto wow che si traduce nella mucca viola, consta del dover uscire dagli schemi dell’ordinarietà. A volte, pensare in un modo diverso che vada oltre all’out of the box tanto decantato da molte aziende, rappresenta un modo autentico e originale di rompere gli schemi.  Ti è mai capitato in passato di avere un’idea originale e di pensare che fosse ridicola o che ti avrebbero deriso? Ecco, forse eri sulla strada buona per dar vita alla tua mucca viola!   La mia recensione Potrei riassumere la mia recensione de La mucca viola di Seth Godin in una sola frase: sii straordinario.  Potresti pensare che sia una banalità. In parte potrebbe esserlo ma è pur vero che molte persone oggi hanno letteralmente paura di essere originali. Di osare. Ecco perché potresti scoprire che creare una mucca viola in realtà non è una missione impossibile, riservata solo a grandi menti o grandi budget. Il concetto di creare una mucca viola si basa sul pensiero che “il contrario di straordinario è ottimo” (cit. La mucca viola). Oggi i prodotti ottimi non bastano più, ne è pieno zeppo il mercato. Così come non è utile investire di più in spazi pubblicitari per vendere i propri prodotti o servizi.  Non è nemmeno il prezzo a definire la strategia di vendita del tuo prodotto. Puoi essere tra i più cari ma rivolgerti ad una piccola nicchia la quale è disposta a pagarti più di altri perché il valore da loro percepito (del tuo prodotto) è superiore a quello della concorrenza.  Per creare prodotti straordinari, secondo Seth Godin, ne devi essere un appassionato e devi pensare nello stesso modo in cui pensano i tuoi clienti. Devi conoscere tutti i tuoi limiti ed esplorarli: prova ad essere “di più” e “di meno”. Prova a fare un elenco delle peculiarità della tua azienda: è la più …? Oppure, è la meno …? La mucca viola di Seth Godin non svela una ricetta magica per creare una mucca viola. In essa tuttavia è ben indicato il processo che, se messo in atto, con molta probabilità non potrà che portarti alla tua mucca viola. Ecco di seguito i 5 punti chiave del processo di Seth Godin: Dopo aver fatto una buona impressione alle persone che entrano in contatto con noi, chiediamo loro il permesso di parlargli e di comunicare ciò che abbiamo da dire (permission marketing);Tra le persone che ci seguono, identifichiamo il gruppo di persone volenterose di provare in anteprima le novità del mercato (Seth Godin li chiama gli starnutitori in quanto il loro verbo si diffonderà tra gli altri consumatori più pigri come un virus);Forniamo agli starnutitori gli strumenti per diffondere l’idea e la notizia del nostro prodotto; diamogli una sorta di copione, facendoli sentire coinvolti nel processo aziendale;Una volta che la nostra mucca viola è entrata in azione, non stiamo a guardare finché si esaurirà; deleghiamo ad un altro team il compito di mungere la mucca e mettiamoci al lavoro per creare un’altra mucca viola! Nuovi prodotti/servizi o nuove varianti a quella esistente;Reinvestire. Ripetuto all’infinito. La mucca viola fa per te se sei alla ricerca di un modo per rilanciare il tuo business che non decolla o che è in un mercato stagnante. Fa per te se aspiri alla carriera di imprenditore e vuoi sapere qual è il modo più avvincente di posizionare un brand sul mercato o come entrare in una nicchia di mercato.  Frasi indimenticabili di La mucca viola “La cosa veramente rischiosa è essere prudenti.”“Nella stragrande maggioranza dei casi i prodotti di successo sono studiati fin dal primo momento per avere successo.”“Il contrario di straordinario è ottimo”. Letture e Podcast consigliati “Il vicolo cieco” di Seth Godin, risponde alla vocina interna che ci chiede se insistere nel nostro progetto o se non sia meglio rinunciare. Sempre dello stesso autore, iper consigliato “Questo è marketing” perché, come cita il payoff “non puoi essere visto finché non impari a vedere”.  Se è vero che anche le parole che pronunciamo o scriviamo fanno la differenza, “Exactly what to say” di Phil M. Johns è il libro che fa al caso nostro. È inoltre un’utile chicca per tenere allenato il nostro inglese con una scorrevole lettura in lingua originale. Infine, Akimbo è il podcast realizzato proprio da Seth Godin e nel quale tratta alcuni – e non solo – degli argomenti accennati nella Mucca viola.  Francesca LucenteInnamorata della mia famiglia, del digital marketing e dei libri. Bookblogger per passione. Attraverso il mio blog sulla lettura voglio diffondere l’amore per la cultura, i libri e la formazione. I miei valori sono la condivisione e la collaborazione, soprattutto fra donne. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Scegliere il miglior format del podcast da usare nel tuo progetto non è affatto una decisione banale. Una scelta piuttosto che un’altra può stravolgere completamente lo sviluppo di un intero progetto. Ora, immagina di avere a tua disposizione una guida per capire come scegliere quello giusto e quali sono i fattori determinanti che devi considerare in questa fase. Tieni presente che, la scelta del format podcast influisce su: organizzazione del progetto tempi di realizzazione budget investito coinvolgimento del pubblico autorevolezza del brand. Ecco perché in fase di definizione di un progetto audio è bene mettersi a tavolino e chiarirsi le idee. E per farlo, in questo articolo ti fornisco le linee guida per scegliere il format del tuo podcast in modo corretto, per te e il tuo progetto. Cosa si intende per format del podcast Il termine format podcast indica la struttura o lo schema con il quale un programma audio è confezionato. In pratica, ne definisce la modalità di svolgimento.  È più facile comprenderlo se prendiamo come esempio i programmi televisivi e i programmi radiofonici. Ognuno di essi si basa su un format che ne definisce: regole tempi scaletta palinsesto interventi numero di conduttori stile di conduzione tecniche di montaggio. Questi sono gli stessi elementi che ritroviamo anche nel podcast. Ciò che contraddistingue un format podcast da un altro è la sistematicità di alcuni elementi che si ripetono puntata dopo puntata e che ne definiscono la riconoscibilità. Ogni programma, dunque, ha un suo schema identitario, sebbene sia possibile (e persino utile) clusterizzarli sulla base di caratteristiche comuni. Così come per la Tv esistono talk show, talent show, reality e via dicendo, anche nell’audio esistono varie tipologie di podcast, come spiego in questo articolo.  Format podcast: cosa sapere per prepararlo Leggi tutto I fattori determinanti per la scelta del format podcast La bussola per definire in modo corretto il format del tuo podcast è tenere presenti questi 7 elementi e la relazione tra ciascuno di essi: scelta editoriale stile narrativo numero di voci struttura editoriale stile di conduzione risorse a disposizione obiettivi del progetto. Ogni format podcast infatti risente di una molteplicità di fattori e spesso è il frutto di una combinazione di questi 7 elementi. Vediamoli uno per uno. Scelta editoriale La scelta editoriale è ciò che determina la direzione del progetto, e ricalca le idee e la visione dell’autore o del brand committente. Per il tema che si decide di sviluppare può essere più adatto un format invece che un altro. Pensiamo ad esempio a tutti i podcast di divulgazione e di informazione: difficilmente si adatterebbero a una fiction. La docuserie, ad esempio, è un format basato su una scelta editoriale ben precisa. Stile narrativo e numero di voci Lo stile narrativo indica il modo in cui vengono raccontati e strutturati gli argomenti. Questo implica anche la definizione del ruolo del narratore o speaker all’interno delle puntate e il suo livello di interazione con altri ospiti o personaggi. Potrebbe trattarsi di una interazione diretta, come nel caso delle conversazioni a due o più voci, oppure indiretta, come la raccolta di contributi audio esterni.  Se nella definizione del concept è prevista la partecipazione di più voci, devi determinare la modalità e il livello di coinvolgimento. Ad esempio, se sei un conduttore che intervista un ospite, il livello di interazione sarà diverso tra le due voci. Se invece sei un co-conduttore, la conversazione viaggerà su uno stesso livello.  Struttura editoriale La struttura editoriale risente molto dello stile narrativo. Potresti scegliere di raccontare una vicenda che si sviluppa su un arco temporale distribuito su più episodi e sviluppare una trama orizzontale. In tal caso la scelta di un format seriale è l’unica possibile.  Quando invece il singolo argomento si esaurisce in un unico episodio è più facile adottare un format episodico, come possono esserlo un podcast divulgativo o informativo. Sulla differenza tra podcast seriale e podcast episodico, ho scritto un articolo dedicato. Qual è la differenza tra podcast seriale e podcast episodico? Leggi tutto Stile di conduzione Nello stile di conduzione c’entrano molto non solo la personalità dello speaker stesso, ma anche del brand che viene con esso  rappresentato. Rientra in questo ambito anche il mood del podcast, ovvero l’atmosfera che si desidera ricreare: intima, ironica, formale, didattica, colloquiale. Alcuni format esprimono meglio di altri il carattere che si sceglie di adottare. Non è necessario essere doppiatori o professionisti della dizione per poter acquisire un buono stile di conduzione. La formazione specifica unita alla pratica sul campo e a un buon aircheck insieme a un professionista del podcasting, ti aiuteranno a migliorare le tue qualità oratorie. Aircheck: come migliorare la performance al microfono Leggi tutto Risorse a disposizione Tra le risorse necessarie per fare un podcast includo: tempo, per creare i contenuti, organizzare le attività con gli eventuali ospiti, gestire la comunicazione, monitorare i dati; competenze tecniche e strategiche oltre che relazionali; budget per acquisire nuove competenze, per produrre e delegare alcune attività. Al di là del gusto personale con cui vorrai realizzare il tuo podcast, sappi che devi inevitabilmente fare i conti con le implicazioni legate a ciascun format. Mi spiego meglio. I format narrativi o le fiction richiedono abilità di scrittura, tempo e budget più elevati di un un format free talk. Questo perché hanno una struttura editoriale complessa, un sound design ricercato e richiedono competenze che non sempre si possiedono.  Viceversa, un free talk o un format intervista potrebbero richiedere meno abilità tecniche ma più capacità organizzative per gestire tutti gli speaker coinvolti. Valuta bene vantaggi e svantaggi di ciascun format prima di imbatterti in un progetto che non potrai portare a compimento. Come creare un podcast a budget ridotto Leggi tutto Obiettivi di progetto Il format podcast è strettamente legato agli obiettivi di progetto e agli obiettivi personali. Se sei un libero professionista e vuoi lavorare sul tuo posizionamento, potresti scegliere di creare un podcast che ti rappresenti e tiri fuori i tuoi punti di forza.  La scelta può essere diversa da caso a caso: un doppiatore potrebbe scegliere un format narrativo che gli permetta di evidenziare le sue doti espositive. Un giornalista potrebbe essere più propenso a gestire un format intervista oppure una docuserie.  Come vedi ciascun format potrebbe essere il mix di tutti questi fattori. Ciò che devi ricordare è che la scelta è da fare già in fase progettuale. Vediamo ora alcuni tra i format podcast più usati e qualche esempio. I format podcast più popolari Come dicevo nei precedenti paragrafi, proprio come accade per i programmi Tv, esistono diversi format di podcast. Sebbene talvolta si assista a format davvero molto originali, la maggior parte di essi si possono catalogare in base ad alcune caratteristiche ricorrenti, ad esempio per stile di conduzione, per scelta editoriale, per stile narrativo, o un mix di tutti questi elementi. Per questo possiamo identificare facilmente alcune tra le tipologie di podcast più usate dai produttori. Ecco l’elenco dei più popolari formati podcast: Talk a una voce Conversazione libera o free talk Intervista Repurposed content Fiction Narrazione Docuserie Miniserie Rubrica Podcast live Video podcast Audio dramma. Naturalmente, alcuni di questi format sono come abiti su misura per alcuni generi podcast, tanto che spesso i termini usati per identificare le tipologie di appartenenza spesso coincidono tra loro. Per esempio, i podcast fiction sono sia un genere che un format, così come le docuserie identificano spesso podcast di indagine giornalistica. E questo a volte crea confusione sulla corretta classificazione. Conclusioni Il mio consiglio su quale format scegliere per il tuo podcast è innanzitutto ascoltare altri podcast per capire cosa ti piace e cosa non ti piace. Dopodiché è importante analizzare le tue competenze e le tue risorse, in modo da bilanciare tutte le energie e creare un podcast che sia sostenibile per te lungo tutto il processo. È questa la strategia che insegno e che uso nei progetti dei miei clienti, insieme a tutte le altre valutazioni di progettazione per evitare di imbarcarsi in progetti più grandi di noi che rischiano poi di naufragare. Ecco perché il corso di podcast online che ho progettato parte proprio dal mindset e dalla strategia. Qui puoi scoprire tutti i livelli di apprendimento e iniziare fin da subito a lavorare a un podcast davvero realizzabile per te. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Fattore 1% è il libro di Luca Mazzucchelli, psicologo e psicoterapeuta diventato famoso per aver preso una sana abitudine. Ha infatti trovato un modo alternativo, moderno e fresco di parlare dei temi più tradizionali e non della psicologia: questa materia che tanto ci appassiona e di cui vorremmo sapere tutto per districarci nei nostri labirinti. Diventati virali, i suoi 900 video raccolti nel suo canale Youtube, lo hanno reso celebre per la sua genuinità. È direttore della rivista “Psicologia Contemporanea“, che divulga la psicologia scientifica in Italia. In questo libro ci parla di come prendere una nuova abitudine partendo da un punto di osservazione alternativo. Trama di Fattore 1% Piccole abitudini per grandi risultati Il titolo del libro di Luca Mazzucchelli è già un suggerimento: piccole abitudini per grandi risultati. Come arriviamo infatti a raggiungere dei risultati concreti e tangibili, magari anche sfidanti? La risposta è proprio questa: un passo per volta. Non si tratta tuttavia solo di suddividere un obiettivo in micro obiettivi. Tutt’altro. La prima parte del libro è un lungo e profondo excursus sulla reale motivazione che ci spinge a voler adottare una nuova abitudine. Non si tratta di un fuori tema ma di quella che in realtà dev’essere una presa di coscienza per capire quali sono i valori che contano nella nostra vita, in che direzione vogliamo che essa vada. Le abitudini non sono altro che la somma delle nostre azioni all’interno di una giornata, una settimana, anni. Potresti pensare che non ci sia molta differenza tra svolgere bene il proprio lavoro — che è una necessità, altrimenti diventa difficile fare la spesa e pagare le bollette — e decidere di iniziare a correre. Ciò che accomuna queste attività è il modo in cui mentalmente ci approcciamo ad esse. La tua giornata lavorativa è fatta di tante piccole abitudini. Prova a pensare ad esse e a come si relazionano con gli obiettivi della tua vita. Se parliamo di andare a correre, idem. Proviamo a scrivere nero su bianco su carta, il perché di questa scelta. Vogliamo un fisico più asciutto perché arriva l’estate o abbiamo capito che fare movimento è fondamentale se abbiamo superato i 40? (Ammetto, questa ultima parte è un po’ autobiografica…). Fattore 1% Mazzucchelli include al suo interno degli esercizi da fare, — utili a livello universale e non solo per decidere quali abitudini modificare o prendere —, spiegazioni concrete, oltreché tips da sottolineare. La mia recensione Fattore 1% è innanzitutto un libro molto piacevole così come il tono e i modi di Luca Mazzucchelli. Se ti aspetti il classico libro metodico con i vari step in cui apprendere un’abitudine in 21 giorni, allora sei nel posto sbagliato o, meglio qui sei nel posto giusto, ma non è il tipo di libro di cui ti parlerò. Quel che ho apprezzato molto è proprio il punto di vista diverso che mi ha offerto Luca in questo piccolo manuale del cuore. Possiamo cercare di avere più forza di volontà e diventare piccole macchinette esecutrici con lo scopo di perseguire l’obiettivo. In questo caso, finalmente riuscire a far nostra una nuova abitudine. Il punto non è questo. Forse ci riusciremo, tuttavia ci vogliono più che 21 giorni affinché essa diventi realmente un tassello del nostro quotidiano. Il tempo andrà misurato in mesi. Il vero punto di svolta parte dall’inizio di questo processo: sederci con un foglio bianco davanti e chiedersi con estrema sincerità perché questa abitudine è davvero importante per noi. Per farlo, più che rispondere un tanto o poco, dovrò partire da quella che è la mia mappa dei valori. La prima domanda è quindi: “Cosa è importante per me nella mia vita?”. Non c’è una risposta giusta o sbagliata ovviamente. Da questo presupposto costruiremo le azioni che ci accompagnano durante la giornata, un pezzettino alla volta, un 1% alla volta, perché non dobbiamo essere dei supereroi. Fare un gradino per volta ci darà più stabilità e fiducia in noi stessi. Sarà capitato anche a te di gettare la spugna dopo pochi giorni di corsa e sentire quel pizzico di frustrazione e la vocina “tu non ce la fai mai…”. Inoltre, in Fattore 1%, Luca ci da diversi consigli pratici per metterci in tasca quell’1% in più di volta in volta. Ad esempio: usare delle to do list, che siano scritte su carta o messe in vista sulla home page del nostro smartphone, per ricordarci quanto è importante il motivo per cui vogliamo fare quelle azioni (piuttosto che trascorrere ore a vuoto sui social);indossare un bracciale che ci ricordi quotidianamente perché vogliamo impegnarci a raggiungere un risultato ossia un oggetto sempre ben visibile che àncori quel pensiero;possiamo chiedere feedback alle persone che ci conoscono, come benzina per la nostra volontà: mostriamo loro i nostri progressi e prendiamoci ogni tanto una pacca sulla spalla per modellare i comportamenti che vogliamo implementare. Come suggerisce Luca Mazzucchelli, infine, dobbiamo “credere in quello che non c’è”, ovvero avere più fiducia e meno fretta. I risultati arrivano mano a mano e anche se quell’1% ci sembra quasi inutile, dopo 10 giorni sarà un 10%. Frasi indimenticabili di Luca Mazzucchelli in Fattore 1% “Se vuoi svegliarti felice,vai a dormire grato”. “Non puoi scegliere il tuo futuro,ma puoi decidere le abitudini che lo cambieranno”. “Tu sei il risultato delle abitudiniche hai adottato negli ultimi 5 anni”. Letture e Podcast consigliati Il mio consiglio di lettura va su un altro libro di Luca Mazzucchelli: Prova a cambiare – Giochi e pensieri per crescere ogni giorno, edito da Sperling & Kupfer. Parlando di podcast, non mancherò di citare sempre il suo, G.U.R.U., che puoi trovare su Audible. Una lettura alternativa che ti segnalo è The Miracle morning – Trasforma la tua vita un mattino alla volta prima delle 8:00 di Hal Elrod. un programma di 30 giorni fatto di: affermazioni , meditazioni, scrittura , lettura, esercizi e visualizzazioni.  Francesca LucenteInnamorata della mia famiglia, del digital marketing e dei libri. Bookblogger per passione. Attraverso il mio blog sulla lettura voglio diffondere l’amore per la cultura, i libri e la formazione. I miei valori sono la condivisione e la collaborazione, soprattutto fra donne. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Su come fare personal branding si fa un gran parlare ma fino a un paio di anni fa quasi non ne conoscevo l’importanza. Quando ero dipendente in azienda non mi importava promuovere me stessa o le mie competenze. Pensavo che la cosa non mi riguardasse affatto. In fondo tutto ciò che poteva arrivarmi in termini di carriera e opportunità credevo fosse quasi “dovuto” per aver fatto un buon lavoro. E invece no. Se non ero io a credere per prima alle mie potenzialità, di certo non potevano farlo gli altri. La mia comunicazione era totalmente assente all’interno dell’azienda ma anche sui social. Chi lavorava con me sapeva in che modo operavo e le caratteristiche che mi distinguevano. Ma cosa facevo per costruirmi un brand personale che andasse oltre le quattro persone del mio ufficio? Nulla. Era ovvio che senza questo non potevo aspettarmi più di quello che avevo. Grazie ad alcuni professionisti di personal branding, da cui ho imparato tantissimo, oggi so che far conoscere la propria competenza, esperienza e pensiero serve a creare relazioni, network e opportunità. Tanto più oggi che sono una libera professionista. Gli strumenti che si possono usare per farlo sono diversi, tra cui il podcast. Prima di parlarti di come fare personal branding con il podcast, partiamo dall’inizio: cos’è e a chi serve. Cos’è il personal branding Fare personal branding significa promuovere se stessi costruendo una immagine professionale che possa identificarti per ciò che sei, i tuoi valori, la tua competenza, esperienza e credibilità. È l’arte di saper creare una marca personale in base alla quale ci differenziamo dagli altri per i nostri tratti distintivi. La capacità di saper comunicare ciò che ti caratterizza, ti posizionerà nella mente delle persone. Sarà sulla base della percezione che gli altri avranno di te che ti sceglieranno, in qualunque ambito, che siano clienti, collaboratori, datori di lavoro o partner commerciali. Nella nostra epoca digitale, l’obiettivo è creare una propria web reputation diventando riconoscibili e credibili come brand. Citando le parole di Riccardo Scandellari nel suo libro Dimmi chi sei, “il gioco del branding è facile: sei ciò che dici e quello che mostri di apprezzare”Dimmi chi Sei È vero, il gioco è facile ma creare una brand image è un’attività vera e propria, un investimento in termini di tempo ed energie che richiede costanza e lavoro. La reputazione è un elemento importante per il posizionamento personale e le aspettative degli altri non sono da sottovalutare. Tutto si gioca sulla credibilità e sulla fiducia che ne deriva. Ma funziona se sai comunicarlo. Potresti essere il migliore nel tuo settore ma se nessuno sa chi sei, allora non c’è neanche partita. Perché fare personal branding oggi A meno che tu non voglia essere una commodity, se vuoi fare breccia nel cuore delle persone, devi rendere evidente il valore che hai da offrire. Siamo in un momento storico in cui chiunque prima di acquistare un prodotto si informa, legge recensioni, valuta le caratteristiche e lo confronta con altri similari. A prescindere dal prezzo, ciò che acquistiamo è il valore che percepiamo. Nel personal branding il prodotto siamo noi ed è questo che bisogna comunicare. L’obiettivo è riuscire a valorizzarti per farti scegliere e preferire come freelance, come dipendente o partner per le tue caratteristiche differenzianti. Il posizionamento personale definisce il modo in cui conti di competere e vincere e quindi sapersi distinguere. Puntare solo sul prezzo non è vincente nel medio-lungo termine. Pensa al motivo per il quale siamo disposti a spendere centinaia o forse migliaia di euro per acquistare un prodotto della nostra marca preferita. Ad esso leghiamo un valore emotivo o di autorealizzazione che, il più delle volte, va al di là di quello intrinseco. La stessa cosa accade tra le persone. Scegliamo chi ci attrae per affinità, per valori condivisi, per la percezione di fiducia che trasmettiamo. I nostri punti di forza forse riguardano il modo in cui gestiamo un progetto, la precisione nei dettagli, la capacità di comprendere le esigenze del cliente, la creatività o forse il rispetto delle scadenze.Non è detto che le nostre caratteristiche piaceranno a tutti. E non è necessario che sia così. Attireremo le persone per cui questi punti di forza saranno importanti per loro. Dunque il primo passo è capire qual è il tuo valore, la tua mission e cosa ti rende unico. Il secondo è comunicarlo. Ma prima di parlare di comunicazione, facciamo un altro step. A chi serve il personal branding Nell’introduzione ti raccontavo della mia esperienza in azienda come dipendente. In quel lungo periodo di attività il mio personal branding era inesistente. Oggi da freelance ho cambiato registro comunicativo ma se mi guardo indietro mi rendo conto dell’errore di non aver costruito una mia marca personale già allora. Il personal branding è importante per tutti. Facciamo qualche esempio? Se fossi un dipendente o un top manager e aspiri a fare carriera e cambiare segmento, dovresti rinforzare le tue competenze o addirittura riqualificarti professionalmente per essere più appetibile sul mercato. In tal caso dovrai fare un lavoro di riposizionamento per accedere a nuove opportunità. Un imprenditore, invece, avrebbe un altro obiettivo: rafforzare la propria credibilità in azienda per aumentare la visibilità e la reputazione del proprio business. Tutto ciò che comunicherà influirà sulle scelte dei potenziali clienti o fornitori rispetto ai competitor.Ma anche un giovane che ha appena terminato gli studi avrebbe bisogno di farsi conoscere per entrare nel mercato del lavoro, ad esempio usando al meglio Linkedin e facendosi conoscere per le proprie competenze o risultati raggiunti. Per i liberi professionisti investire sul personal branding è praticamente necessario. Fare promozione personale non dipende dal tipo di professione o inquadramento che abbiamo nel lavoro. È legata ai nostri obiettivi.Quali strumenti possiamo usare per il self branding? I social, per esempio, ma anche il blog, i video, gli eventi off line e anche un media in forte crescita come il podcast. Promuovere il brand personale con il podcast Il podcast per il personal branding ha tanti vantaggi. Vale la pena esplorare questo nuovo media in forte crescita proprio perché ha potenzialità diverse rispetto ad altri e riesce a valorizzare bene la personalità di chi lo usa. Ho già accennato ai vantaggi del podcast parlando di Content Marketing e Podcast: la sua modalità di fruizione così flessibile è un forte valore aggiunto alla tua comunicazione. Chi ascolta decide quando, per quanto tempo e dove farlo. Essendo on demand attrae un pubblico targettizzato che sceglie spontaneamente cosa ascoltare. Non solo, dedica del tempo prezioso. Un tempo decisamente superiore alla fruizione di un post sui social o di una lettura veloce di un post blog. Ma ciò su cui voglio farti riflettere è che con il podcast esprimi tutta la tua personalità attraverso la voce, la modalità con cui affronti gli argomenti, la logica di sviluppo dei contenuti e tutta la tua esperienza. Se anche affrontassi la stessa tematica di qualcun altro, il tuo stile sarà sempre diverso. Questa è la leva differenziante. L’autorevolezza e la credibilità saranno evidenti dall’empatia della tua voce. Essendo poi un media in espansione è ancora un oceano blu rispetto ad altri strumenti di personal branding. C’è poca concorrenza. E si sa che chi parte prima meglio si posiziona. Non deve essere certo l’unico obiettivo che ti poni per usare il podcast, ma è un vantaggio da tenere presente. Con i freelance con cui ho avuto il piacere di lavorare per realizzare contenuti podcast, l’obiettivo era proprio il loro personal branding, comunicando il valore del loro prodotto: se stessi. Ma anche in questo caso, nulla va lasciato al caso. Si progetta, si analizza e si sceglie il miglior modo di comunicare. Se stai pensando di valorizzate la tua brand image, potresti trovare nel podcast la risposta e io sarò lieta di aiutarti a farlo. Cominciamo? Ester MemeoPodcast Coach e Producer. Curiosa tanto per cominciare, ma anche volitiva e tenace. Motociclista per passione, milanese per nascita. Ha stravolto la sua carriera aziendale per dare vita a un suo progetto personale che poi è diventato molto altro. Oggi il podcast è il suo lavoro e aiuta chi inizia da zero a realizzare il suo progetto. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Sfatiamo il mito secondo cui per iniziare a fare un podcast basti avere un microfono. Se hai letto i miei precedenti articoli sai bene che fare podcast significa a tutti gli effetti progettare un prodotto di marketing. E se sei un professionista sai anche che per un nuovo progetto non basta avere l’idea, bisogna renderla possibile e capire cosa serve per attuarla. Tra questi due passaggi, idea-realizzazione, potrebbero passare mesi o forse anni se ti fai bloccare dalle 3 paure che ti spiego tra poco. Tutto ciò che è nuovo e non appartiene ai nostri strumenti di lavoro può spaventare. Ma spesso siamo noi l’ostacolo più grande perché ci facciamo fermare da ciò che non conosciamo. Forse anche tu, come me agli inizi, stai facendo lo stesso errore. Ma voglio rassicurarti, perché si tratta di paure superabili se sai come affrontarle. In questo articolo mi rivolgo soprattutto a chi ha un’attività e vuole iniziare a fare un podcast per posizionare il proprio brand nel mercato. Ti porterò anche la mia esperienza diretta su quanto ho riscontrato lavorando al mio primissimo progetto podcast La Gabbia. Quali sono queste paure? Vediamole insieme e poi se ti va condividimi le tue riflessioni con un messaggio. 1. Non so di cosa parlare Quante volte ho sentito dire questa frase e quante di queste si è risolta più facilmente di quel che si pensava. Quando si ha un’attività di business, che tu sia un libero professionista o abbia un’impresa, ci si raffronta ogni giorno con i bisogni e i problemi dei clienti. Le loro domande, i loro dubbi sono di per sé una grande fonte di ispirazione per i tuoi contenuti. Spesso pensiamo che certi argomenti siano scontati e che non interessino a nessuno perché per noi sono pane quotidiano. Ma quanti di questi potrebbe essere utile spiegare al tuo potenziale cliente? La tua esperienza sul campo e anche la tua visione su certi argomenti possono rassicurare chi ti ascolta e far loro comprendere in che modo lavori e trovare risposta ai loro dubbi. La mia esperienza Quando ho iniziato a fare podcast non avevo una mia attività di business. Lavoravo in azienda come dipendente e la ricerca degli argomenti è stata inizialmente una barriera. Poi ho riflettuto sui motivi per cui avrei voluto fare un podcast: volevo condividere un messaggio che mi stava a cuore e raccontare una parte del mio vissuto su quell’argomento. Ero alla volta di un cambiamento dopo un periodo difficile e la rinascita personale e professionale smuoveva riflessioni forti che potevano essere di ispirazione a qualcun altro. Suggerimenti per te: Se hai un business e vuoi promuovere il tuo brand, parti dai problemi dei tuoi clienti e parla di soluzioni: quali sono le domande frequenti che ricevi? quali sono i motivi che frenano i tuoi prospect nel prendere certe decisioni? come li hai aiutati in passato? Porta esempi semplici in cui le persone possano ritrovarsi.Parla della tua esperienza, delle difficoltà che hai incontrato in prima persona e come le hai superate. L’immedesimazione è una potente arma persuasiva perché significa entrare in connessione con gli altri. Parla di una tua passione, porta in campo ciò che sai e desideri condividere con appassionati come te di un particolare argomento.Trasforma i contenuti che hai già prodotto per la tua comunicazione online e usali per creare contenuti audio per il podcast. 2. Non ho tempo per fare podcast Per qualunque progetto ci vuole tempo. E il tempo è denaro. Il podcast è content marketing un po’ come il blog e, anche se non è un canale diretto di vendita, può convertire gli ascoltatori in potenziali clienti. Ti parlerò di conversione in uno dei prossimi articoli, ma intanto voglio fare una riflessione. Pensare di sprecare tempo in qualcosa che non sai a priori se funzionerà è comprensibile ma è allo stesso tempo limitante. Si spendono tanti soldi in advertising per parlare a potenziali clienti che non è detto siano interessati ai nostri prodotti o servizi. Il podcast raggiunge audience ben targettizzate perché è un contenuto on demand che è l’utente stesso a scegliere di voler ascoltare. Di sicuro è più disposto di altri a prestarci la sua attenzione. Perché non sfruttarla? Se gli obiettivi sono chiari e desideri davvero comunicare, spesso è solo una questione di buona organizzazione. Lo so che non è facile e ci sono sempre mille priorità. Credimi, ho le stesse difficoltà anche io. Tuttavia sai che nessun progetto prende vita da solo se non lo si pianifica e ci si attiene a un programma. Il segreto è considerarlo una task al pari di altre attività e darsi una scadenza sostenibile ma non procrastinabile. La mia esperienza Considerando che durante la preparazione di La Gabbia lavoravo full time e facevo spesso orari straordinari, il tempo era davvero risicato. Ho ragionato sulla mia effettiva disponibilità in termini di tempo e poi: ho stilato un planning che tenesse conto di tutto: lavoro, famiglia, svago e preparazione del podcast. Mi sono data delle scadenze e ho inserito in agenda dei momenti da dedicare esclusivamente al podcast, proprio come per altre attività. Ho diluito nel tempo la pubblicazione delle puntate facendole uscire ogni 15 giorni anziché settimanalmente così da avere una gestione più ragionevole. Cosa ti suggerisco: Ragiona in ottica di investimento, non di costo: il podcast non è un contenuto volatile, resta online fino a che lo vorrai tu. Ci sarà sempre chi ti ascolterà anche a distanza di anni. Fai un programma dettagliato di tutte le attività che dovrai gestire e valuta cosa puoi ricalibrare per ritagliarti tempo per la creazione di un podcast.Sperimenta un processo ideale e poi aggiusta il tiro: un programma serrato se non è sostenibile ti porterà inevitabilmente allo sconforto, con il rischio di abbandonare a metà strada il progetto.Fatti ispirare da chi ha già sperimentato il podcast con successo e chiedi loro consigli al riguardo. Il confronto è sempre efficace per capire come procedere. 3. Non so da dove cominciare Tra tutti, penso che questo sia il problema più grande di chi vuole iniziare a fare podcast per sé o la propria impresa. È comprensibile ed è legata al fatto che non si conosce così bene il podcast come mezzo di comunicazione e non si vuole sbagliare. Fortunatamente, in questi ultimi anni sul podcast si è scritto molto e ci sono molti strumenti a disposizione per imparare: corsi online e in presenza, tutorial, libri. Questi strumenti sono utili per approcciarsi al podcast e capire quali dinamiche ci sono dietro e quali abilità abbiamo già e possiamo mettere a frutto e quali invece bisogna fortificare. Passare dalla teoria alla pratica autonomamente richiede tuttavia una buona dose di motivazione, chiarezza di obiettivi e sperimentazione. La mia esperienza Ho iniziato con un corso per principianti per avere le basi di partenza e conoscere i tipi di format, l’uso degli strumenti, la scelta dell’attrezzatura e la distribuzione del podcast. Da lì ho sperimentato in autonomia mettendomi letteralmente in gioco. Non avevo obiettivi di business ma solo obiettivi personali. Ho preparato un piano editoriale, scritto i testi, scelto la musica, comprato gli strumenti giusti e poi mi sono buttata. È stato un grande arricchimento personale adoperarmi in una avventura del tutto nuova ed è l’esperienza che mi ha cambiato sotto tanti punti di vista. Tuttavia, col senno di poi, ho capito che certi errori avrei potuto evitarli e sfruttare meglio le potenzialità del progetto. Ecco perché ho poi deciso di farmi affiancare da chi ne sapeva più di me sulle parti tecniche e sulla strategia. Questo salto mi ha permesso di perfezionarmi, di creare altri podcast e specializzarmi. È stata questa esperienza a portarmi dove sono oggi. Ed è questo vissuto che mi permette di capire le dinamiche di chi inizia da zero e le difficoltà che si incontrano. Avere un Podcast Coach che ti segue passo passo per me è stato fondamentale. Per cui il mio suggerimento è: formati e informati: iscriviti a newsletter o frequenta blog che trattano questo argomento;chiedi supporto a un professionista per farti seguire o per alleggerirti il carico nelle attività che non riesci a gestire in autonomia. Per iniziare a fare podcast, i corsi sono utili a sapere cosa serve per attuare l’idea in progetto. Il passo successivo è farsi seguire da chi può concretamente aiutarti a realizzarlo. Questo ti consentirà di: focalizzare meglio gli obiettivirisparmiare tempo nella progettazione e realizzazionepuntare a un prodotto professionale. Ti sei ritrovato in uno o più di questi 3 problemi? Se stai pensando di iniziare un podcast e non sai da dove partire, posso aiutarti a valutare la tua idea, progettarla e seguirti in tutto il processo di realizzazione. Contattami per una call conoscitiva! Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Il processo d’acquisto con il podcast e come attivarlo, rappresentano una fase importante per tutti gli imprenditori che vogliono approcciare questo strumento di comunicazione. Se vendere è l’imperativo, trovare un metodo efficace per farlo lo è altrettanto. Naturalmente, noi imprenditori, vorremmo che ogni metodo fosse a rischio zero e con un ritorno economico certo, in modo che possa contribuire ad aumentare il nostro fatturato.  Ciò di cui dobbiamo tenere conto è come si sia modificato negli ultimi mesi il processo di acquisto. Le nostre personali abitudini di acquisto sono cambiate e, tra l’altro, succede continuamente: stanno ancora cambiando. Dunque quale potrebbe essere il ruolo del podcast in tutto ciò e, soprattutto, in quale fase del processo di acquisto è utile? Te ne parlo in questo articolo. Il podcast nel funnel di acquisizione di un cliente Nel funnel di acquisizione di un nuovo cliente, il podcast rappresenta uno strumento di content marketing per promuovere il nostro brand. Ho parlato di questo tema nelle prime puntate: dall’importanza della Value Proposition e di Come differenziarsi dalla concorrenza. Inizierei anche però abbattendo qualche credenza, evidentemente errata, sul podcast stesso. Non è uno spot pubblicitario di lunga durata ma un canale di comunicazione a tutti gli effetti.  In modo diretto, non vende nulla. Così come non lo fa un articolo di blog. Deve essere considerato, pertanto, come un canale di ingresso del nostro funnel. Molto potente! Ora vedremo perché e in che modo.  Quando parliamo di processo di acquisto ci riferiamo al comportamento decisionale che le persone adottano dal momento che prendono consapevolezza di un proprio bisogno, sino ad arrivare all’acquisto. Comportamento che senza dubbio è cambiato nel corso degli anni e, indubbiamente, ancora di più nell’ultimo biennio.  L’importanza per qualsiasi brand di comprendere come funziona questo processo decisionale è indiscussa. Infatti, per mettere in atto una strategia di marketing efficace, (hai già ascoltato l’episodio precedente che parla proprio di questo?!) bisogna tenere conto di quali sono le leve che oggi guidano un consumatore nella scelta di un brand piuttosto che di un altro.  Attenzione. Ho parlato di scelta del brand e non del suo prodotto o servizio. Vuoi sapere perchè?  Perché ciò che oggi fa la differenza non è solo la qualità del prodotto ma anche tutto ciò che ruota intorno ad esso: la storia, le persone, i valori, le percezioni. Segui il mio ragionamento perché tornerò su questo punto tra poco.  Le 4 fasi del processo d’acquisto Nel processo d’acquisto, anche io e te, in qualità di consumatori, attraversiamo queste 4 fasi ben precise: appuriamo di avere bisogno (che potrebbe essere anche latente) o un desiderio; cerchiamo più informazioni su ciò che ci interessa; acquistiamo il bene o servizio; diventiamo clienti fidelizzati.  Proviamo a riflettere sulla prima fase: ci rendiamo conto di avere un desiderio o un (nuovo) bisogno e vogliamo a tutti i costi soddisfarlo. Quante volte mi è capitato?… Beh, tante ma si dice che a desiderare non c’è mai fine dopo tutto! Sei d’accordo con me che, a volte, questa consapevolezza può essere innescata da elementi esterni? Per esempio quando vediamo, leggiamo o ascoltiamo qualcosa che stuzzica la nostra curiosità si accende un desiderio che forse non sapevamo nemmeno di avere. Può anche essere legato ad un’esigenza personale per la quale non abbiamo ancora trovato la soluzione giusta per noi. Quei momenti in cui sappiamo di cosa abbiamo bisogno ma non sappiamo a chi rivolgerci. Questo è il primo touchpoint tra consumatore e brand. Ora, se togli il cappello del consumatore ed indossi quello dell’imprenditore, questo è il primissimo momento in cui una persona ha modo di fare conoscenza con il tuo brand.  È ovvio che ciò può accadere solo se: hai comunicato qualcosa (per esempio online);  se sei presente esattamente dove si trovano i tuoi potenziali clienti; se hai comunicato qualcosa, o in un modo, che ha attratto il nostro interlocutore.  Potrebbe essere uno post sui social, un video su Youtube, un articolo di blog o una puntata podcast. A volte una combinazione di questi.  Il primo “gancio” è fondamentale perché è quella scintilla che fa suscitare nella persona la consapevolezza di un bisogno e di quale possa essere una potenziale soluzione. Ma non basta.  A questo punto entra in gioco, infatti, la seconda fase del processo d’acquisto: la ricerca di ulteriori informazioni. Nulla è scontato ed è uno step molto importante che può durare pochissimo oppure mesi. Ecco i 3 fattori determinanti che caratterizzano la nostra ricerca di informazioni: senso di urgenza: cioè la necessità di trovare subito risposta ad un bisogno impellente; coinvolgimento emotivo: quanto il nostro potenziale cliente si sentirà attratto da ciò che offriamo e questo lo spingerà a desiderare il nostro prodotto o servizio come soluzione al suo problema; fiducia: quella persona si fida di noi per poterci scegliere come brand? Io e te sappiamo bene quanto il consumatore oggi sia molto più consapevole rispetto al passato. Noi stessi, prima di fare un acquisto (sia online che offline), ci documentiamo, leggiamo le recensioni e confrontiamo le proposte di mercato. Abbiamo bisogno di rassicurazioni prima di acquistare qualcosa. Eccoci arrivati al nocciolo della questione. Come innescare il processo d’acquisto: l’ecosistema del podcast È proprio in queste due prime fasi che il podcast può fare la differenza, innescando il processo di acquisto. Il podcast è un ottimo canale di ingresso del nostro funnel di vendita. Può rispondere a uno stimolo, un bisogno, può essere il primo touch point con cui un potenziale cliente viene a conoscenza del nostro brand. È, tuttavia, molto più facile che questa fase di scoperta sia attivata dai social o da un traffico organico nel nostro sito web.  Il momento più importante in cui il podcast innesca il processo di acquisto è la fase di approfondimento: quando l’utente vuole saperne di più. Cerca maggiori informazioni su quello che facciamo, sul nostro modo di lavorare, sulla nostra personalità, sulla nostra filosofia e approccio.  È il momento in cui è disposto ad ascoltarci, a dedicare del tempo per capire meglio chi siamo e cosa abbiamo di diverso dagli altri. In questo frangente si costruisce la fiducia e quel legame che, probabilmente, lo spingerà a sceglierci come brand.  Dicevo poco fa che il podcast in questo è molto potente. I motivi sono sostanzialmente 3: usa la tua voce, che è un potente mezzo per parlare a tu per tu con le persone e trasmettere la personalità del brand molto più di un testo scritto; innesca un’abitudine, che è il modo migliore per essere presenti costantemente nella mente degli ascoltatori; offre contenuti verticali su un tema specifico, permettendo al tuo pubblico di informarsi e, a te, di donare a chi ti segue informazioni più dettagliate di quelle che potrebbe trasmettere un post sui social; crea accoglienza per il tuo pubblico, nel tuo mondo. Quando le persone cominciano ad entrare in relazione con te e con il tuo brand, hanno tutti gli elementi di cui necessitano per sceglierti (o meno). A parità di servizi o prodotti, a chi pensi che una persona sceglierebbe di affidarsi? Ad un perfetto sconosciuto oppure a chi gli ha dimostrato apertamente chi è e come lavora? Io credo proprio che la risposta tu la sappia già.  È esattamente così che si innesca il processo di acquisto grazie al podcast. Non vende in modo diretto ma lavora su tutti quei touch point che generano una vendita: motivazione, personalità e percezioni.  Ma voglio essere sincera con te. Il podcast non è la panacea di tutti i mali. È una tattica, come abbiamo già detto nella puntata 6 di Podcast per il Business. Essa concorre cioè alla realizzazione di una strategia più ampia. È un mezzo potentissimo da inserire nel tuo funnel di vendita ma non è probabilmente l’unico che, da solo, può portarti al compimento di tutti i tuoi obiettivi di business.  Affinché esso attivi un processo di acquisto, ha bisogno di essere inserito in un progetto di comunicazione più strutturato, in base all’obiettivo di marketing. Ti serve creare un ecosistema in cui più elementi, come il blog, i canali social, la newsletter, il tuo sito web, adv e tutto ciò che ritieni uno strumento efficace per sostenere una persona nel suo processo di acquisto.  Il podcast è parte dell’ecosistema e, allo stesso tempo, ti aiuta a costruirlo. Una persona può scoprirti sui social e approfondire con il podcast, o viceversa. Può seguire i tuoi contenuti audio per mesi, affezionarsi a te e poi visitare il tuo sito per capire quali servizi offri, iscriversi alla tua newsletter e contattarti per acquistare un tuo prodotto.. Ti sembra un processo lungo e articolato? Capisco questa sensazione. Ti assicuro, però, che è quello che nel lungo periodo ti ripagherà di più. Ricorda che tu per primo/a, scegli prima di tutto un brand. Solo dopo il suo prodotto o servizio. Dunque, se il brand fossi tu, fatti scegliere per ciò che sei! Mi hai letta fino a qui e non posso che ringraziarti per il tuo tempo. Posso chiederti come hai trovato questa puntata? Mi farebbe molto piacere se volessi lasciarmi una recensione su Apple Podcast e su Spotify.   Qui sul blog puoi trovare tutti gli articoli delle puntate di Podcast per il Business mentre se sei decisamente social, possiamo seguirci a vicenda su Instagram, Facebook e Linkedin. A seconda del canale, condivido tips sul podcast, o notizie sul mondo dell’audio. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Quando parliamo di obiettivi di marketing e di obiettivi di podcast non sempre si pensa che debba esserci una correlazione. Eppure questo vale sia nel caso in cui si stia creando un podcast aziendale che di personal branding. Visto che vorrei spiegarti il motivo per cui la penso così, ho deciso di dedicare una puntata di Podcast per il Business proprio a quest’argomento. “La strategia senza la tattica è la più lenta strada per raggiungere la vittoria. La tattica senza strategia è il rumore che precede la sconfitta”.Dal libro “L’Arte della Guerra”. Non parleremo di arte militare oggi. Dunque, cosa c’entra tutto ciò? Te lo racconto subito, nel prossimo paragrafo.  La strategia giusta per ogni obiettivo di marketing  La strategia e la tattica sono due pilastri fondamentali di ogni business… o perlomeno di ogni imprenditore che abbia ben chiaro quale obiettivo raggiungere! Il libro da cui è tratta la citazione risale alla notte dei tempi (VI secolo a.C.) ed è stato attribuito al noto stratega e filosofo cinese SunTsu.  È considerato il più antico manuale strategico della storia e, ancora oggi, è fonte d’ispirazione per chi si occupa di fare impresa. Più in generale, per chiunque voglia raggiungere un obiettivo, in qualsiasi ambito della propria vita. Devi sapere che, nella cultura orientale dove affonda le sue radici, è ritenuto un manuale di studio obbligatorio per i Manager d’azienda. Questo proprio perché i concetti espressi si adattano in modo calzante alle realtà tipiche di un business.  La citazione descrive molto bene i termini strategia e tattica. Nel linguaggio quotidiano vengono, tuttavia, spesso usati erroneamente come sinonimi l’uno dell’altro. In realtà non lo sono e racchiudono concetti diversi, benché affini e fortemente connessi tra loro. È importante comprendere la differenza perché ci aiuterà a rispondere all’argomento di questa puntata: perché gli obiettivi del podcast devono essere allineati agli obiettivi di marketing?  La strategia è il piano d’azione di quella visione, o ancora meglio, la pianificazione di tutte le azioni che dobbiamo compiere per arrivarci. Viene strutturata lungo un lasso di temporale, solitamente di medio-lungo termine. La strategia opera su larga scala e riassume il perché facciamo una determinata cosa.  La tattica è invece la modalità con cui rendiamo concreta la nostra strategia o una parte di essa. È, in sostanza, l’azione specifica che dobbiamo compiere. Per tirare le somme, possiamo dire che la somma delle tattiche porta a compimento la nostra strategia.  Nelle puntate precedenti di Podcast per il Business ho analizzato i motivi per cui il podcast è un utile strumento da integrare nella propria strategia di comunicazione.  Per l’appunto, è un canale di comunicazione al servizio di un piano ben più ampio e strategico. Ecco come farlo diventare tale.  Ah! Intanto, se non hai mai ascoltato una puntata, qui puoi recuperare la prima. Obiettivi e strumenti tattici insieme creano una strategia vincente Se il tuo obiettivo di marketing è raccontare il tuo brand ma, non solo, è quello di far sì che si affermi, attraendo le persone giuste, il podcast è sicuramente uno strumento tattico. Mi spiego meglio.  Quel che voglio dire è che, per la sua modalità di fruizione e per l’impatto che la nostra voce ha nell’avvicinare le persone, è altamente coinvolgente.  Ecco perché lo ritengo uno strumento tattico per fare content marketing o brand awareness. Quando parlo di strumenti immagino sempre un attrezzo vero e proprio. Un cacciavite, un martello o una penna. Insomma, un oggetto attraverso cui operare concretamente per attuare ciò che abbiamo deciso (in anticipo!) di realizzare.  Ciò presuppone l’esistenza di un’idea di progetto, una missione da compiere, degli obiettivi (anche di marketing). Obiettivi che realizzeremo anche grazie a quegli strumenti.  Facciamo un esempio. Immaginiamo che tu voglia posizionare il tuo brand in un mercato nuovo. Decidi quindi di creare un’immagine che ti permetta di farti conoscere ed apprezzare da un nuovo pubblico, differenziandoti dai tuoi competitors. Questo è il tuo obiettivo di business.  La tua strategia sarà quella di lavorare alla costruzione della tua immagine, andando a rafforzare la tua brand awareness. Tradotto, significa permettere alle persone di identificarti in modo unico nella loro mente, apprezzandoti per quelli che riconoscono in te come i tuoi punti di forza. Le tattiche che puoi usare per raggiungere questo obiettivo e attuare la tua strategia possono essere molteplici: lo storytelling, per diffondere tuoi valori attraverso i contenuti;l’influencer marketing, affinché le persone parlino di te;il blog, per attrarre traffico organico da Google, grazie al posizionamento di specifiche chiavi di ricerca;creare sinergie con partner di settore;il podcast, per comunicare in modo innovativo, trasmettendo la tua autenticità e personalità, ampliando la tua audience. Bisogna proprio fare tutte queste cose?  Queste tattiche possono (e a mio avviso dovrebbero) coesistere per lavorare, su più fronti, all’attuazione della tua strategia. Ciascuna di esse opera, in modo allineato e sinergico, per raggiungere obiettivi di breve termine.  Dunque è così che micro obiettivi e strumenti tattici ti permetteranno di raggiungere i tuoi obiettivi strategici e di business. Prova ad immaginare una sorta di piramide degli obiettivi, suddividendola in fasi. Tutto questo ragionamento è utile per arrivare finalmente a rispondere alla nostra domanda iniziale.  Infatti, se tutti questi micro obiettivi tattici non sono coerenti con l’intera strategia, non avranno alcun effetto sul raggiungimento dei tuoi obiettivi di business.  Un bellissimo spreco di tempo Obiettivi di podcast disallineati, saranno solo “un bellissimo spreco di tempo” come cantava Jovanotti. Sottolineo bellissimo perché magari ci avrà permesso di vivere un’esperienza interessante. Ahimé, però, in termini di business, non contribuirà probabilmente a farlo crescere. Voglio raccontarti questo aneddoto che mi riguarda da vicino. Tre anni fa, quando ho prodotto il mio primissimo podcast non ero una freelance. Lavoravo come dipendente in un’azienda multinazionale, nel dipartimento amministrazione, finanza e controllo.  Il mio podcast rappresentava per me, semplicemente un progetto al quale desideravo lavorare per sperimentare questo mezzo, di cui mi stavo innamorando. Imparare ad usarlo e mettermi alla prova con la scrittura narrativa.  I miei obiettivi erano totalmente personali e slegati dall’attività lavorativa che svolgevo. Dunque, il podcast non contribuiva a obiettivi, né di business né di marketing! Anzi, non avevo alcunché da raggiungere se non un puro piacere personale. Questo è il concetto che vorrei passarti.  Se hai deciso di usare il podcast per supportare la tua attività, significa che gli obiettivi che ti prefiggi di raggiungere grazie al tuo podcast, devono essere allineati con i tuoi obiettivi strategici di marketing.  Cosa significa?  Che devono essere coerenti, sostenibili, misurabili. Vuol dire che il podcast deve guidare i nostri ascoltatori. Dobbiamo rivolgerci per prima cosa al target giusto, creare un piano editoriale con contenuti coerenti e creare call-to-action che stimolino azioni precise (anch’esse misurabili).  In pratica il podcast diventa uno strumento capace di innescare un funnel di marketing.  “Quali sono i miei obiettivi?”“Che cosa voglio ottenere?”“In che modo il podcast può aiutarmi a concretizzare la mia strategia?” Queste sono domande che possono aiutarti a focalizzare meglio le azioni da compiere, come utilizzare il podcast, cosa e come comunicare.  Questo è il metodo che uso quando creo un podcast o quando lavoro con i miei clienti: partire dalla progettazione, sino a definire gli obiettivi di marketing e comprendere come questi si inseriscono all’interno della loro strategia.  Ma di questo voglio parlarti nel dettaglio nelle prossime puntate.  So che il tuo tempo, come il mio, è prezioso perciò spero di averti dato qualche spunto di riflessione. Se invece vuoi avere altri tips e sei più Instagram-addicted, ti aspetto sul mio profilo.  Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
4 ore alla settimana di Tim Ferriss è un titolo volutamente provocatorio che susciterà diverse emozioni. Una e una sola è l’etichetta che resterà sulla copertina di questo libro:  bestseller. Venduto in 29 Paesi e tradotto in svariate lingue.  Tim Ferriss dice tutto ciò che fa e fa tutto ciò che dice.  Ha iniziato la sua carriera lavorativa come semplice impiegato ed è arrivato a ideare e dirigere una società multinazionale con postazioni wireless in tutto il mondo. Le strategie che svela in questo libro gli hanno permesso di vivere tante vite, anche diverse tra loro. È diventato un attore, un campione mondiale di tango e di kickboxing. Ha imparato diverse lingue che parla fluentemente, tra cui coreano e giapponese.  Trama di 4 ore alla settimana La vera trama di 4 ore alla settimana di Tim Ferriss sta nel titolo per esteso: “Ricchi e felici lavorando 10 volte meno“. Non è uno slogan fuori moda. Al termine di questo articolo capirai a quale tipo di ricchezza Tim si sta riferendo.  Credo che gli insegnamenti che riusciamo a trarre da un libro siano direttamente proporzionali all’apertura mentale che abbiamo nel leggerlo. Se me lo permetti, vorrei invitarti a porti la seguente domanda: “E se il limite di ciò che ritengo possibile e realizzabile fosse solo nella mia testa?“.   È la stessa che mi feci io. Dopo aver iniziato a leggere il libro e i racconti di Tim Ferriss. Del tutto titubante. Il suo stile di vita basato sulla sua unica volontà di voler lavorare poco e trascorrere interi periodi in vacanza. Mi chiesi se non fosse appannaggio della cultura americana e poco attuabile in Italia. Il libro non è solo da leggere: è un vero e proprio eserciziario. Un percorso per imparare come diventare ricchi. Spesso, infatti, verrai esortato dallo scrittore a non proseguire se prima non avrai terminato un esercizio! Secondo Tim Ferriss esiste una nuova categoria di persone: i nuovi ricchi. Sono coloro che hanno sviluppato una concezione su come guadagnare di più svincolandosi dal fattore tempo. Tim farà riferimento ai nuovi ricchi in tutto il libro e il suo scopo è esattamente quello di fare entrare il lettore in sintonia con questa visione. Indurlo a porsi le domande attorno alle quali ruota la vita dei nuovi ricchi:  come lavorare di meno; come lavorare in modo più efficiente. Gli elementi lavoro e tempo sono fondamentali. Rispetto al passato in cui queste due variabili erano direttamente proporzionali fra loro. “Più lavori e più guadagni” per Tim Ferriss altro non è che uno slogan fuori moda. Per i nuovi ricchi l’obiettivo è: “Meno si lavora e più tempo si ha per sé stessi”.  Meno e meglio. A questo punto è necessaria una brevissima premessa sulla differenza tra efficacia ed efficienza.  Essere efficace significa sapere cosa fare per raggiungere il proprio obiettivo, lavorativo o personale. Essere efficienti significa non solo sapere cosa fare ma farlo impiegando le risorse minime indispensabili e ottimizzando(ne) il rendimento. I contenuti e le strategie per diventare efficienti che Tim Ferriss regala in questo libro si basano sulla famosa regola 80/20 di Pareto. Se vogliamo davvero diventare efficienti, dobbiamo infatti imparare come stabilire le priorità. Riconoscere le urgenze dalle emergenze e soprattutto sapere su quali attività chiave o clienti dobbiamo concentrarci. Vilfredo Pareto fu un nostro connazionale: ingegnere, economista e sociologo, vissuto a cavallo del 1900. In una delle sue opere formulò una teoria che spiegava come fosse distribuita la ricchezza secondo quella che fu poi nominata “Legge di Pareto”. Più recentemente denominata regola 80/20. Tutto ruota intorno a quel 20% di attività (o cause) che sprigionano l’80% degli effetti sulla nostra vita, positivi o negativi che essi siano. La regola 80/20 può essere applicata a qualunque area della nostra vita, personale e lavorativa, che tu sia un impiegato, un imprenditore o disoccupato. Pensiamo alle attività che disperdono le nostre energie: le telefonate, le riunioni non necessarie e tutte quelle azioni che non ci portano a nulla.  Nella vita privata, o di coppia, pensiamo a quei pochi gesti che, se fatti, possono cambiare radicalmente l’andamento di una relazione. Possiamo riassumere che l’80% degli output dipende da un 20% di input.    Tra gli esercizi proposti da Tim Ferriss vi è questo. Giornalmente, per capire se stiamo portando avanti attività utili e produttive oppure mangia-tempo, proviamo a porci di tanto in tanto queste domande: se questa fosse l’unica attività che porto a termine oggi, sarei soddisfatto? questa attività rientra fra quelle prioritarie per raggiungere il mio obiettivo? Anche la definizione degli obiettivi assume un nuovo aspetto nella visione dei nuovi ricchi. Non si tratta più solo di un traguardo da raggiungere, di fatturato o quale promozione si vuole ottenere. La domanda alla quale rispondere non è quindi più “Cosa voglio ottenere?” bensì è “Cosa mi emoziona?”. Non a caso il piano per raggiungere l’obiettivo prefissato è la dreamline. Nel libro Tim spiega in modo molto accurato come redigerla. Ora capirai perché dissi che non avremmo parlato solo di ricchezza in senso materiale. Il tempo a disposizione per noi stessi e per la nostra famiglia non lo è, tuttavia è uno dei beni più inestimabili. Ricordi le due variabili lavoro e tempo? La mia recensione Il libro 4 ore alla settimana di Tim Ferriss ha un obiettivo preciso: stimolarci a cambiare il nostro modo di pensare. Per alcuni di noi sarà un cambiamento radicale, altri non lo crederanno possibile e altri ancora lo faranno perché hanno una voglia matta di cambiare la propria vita. Per lo meno ci proveranno.  Portare a termine gran parte degli esercizi proposti in questo libro, porterà inevitabilmente ad acquisire un nuovo mindset.  Le domande che puoi farti sono: “è un libro solo per imprenditori? o per chi vuole diventarlo?”. Sinceramente la mia risposta è no. Penso possa essere utile a tutti coloro che vogliono avere una visione differente, a chi vuole concentrarsi su nuove soluzioni. La regola 80/20 di Pareto è immediatamente fruibile anche per chi svolge un’attività impiegatizia, diventando immediatamente più efficiente già dopo la prima settimana. Nelle giornate di lavoro spesso il cartellino impone le classiche 40 ore settimanali tuttavia le ore in cui si svolgono attività realmente utili a conseguire gli obiettivi prefissati, sono probabilmente un paio.  Per chi dirige un’attività in proprio la situazione è analoga (se non più ardua!) perché essere il capo di sé stessi richiede una disciplina severa. Sapere come organizzare il proprio lavoro, prefissarsi degli obiettivi e misurare la propria efficienza senza inventare scuse a sé stessi. Se stai cercando lavoro ti sarà decisamente utile per capire quali sono le attività chiave da fare giornalmente e che non si possono più limitare all’invio di curricula. “Come applicare la legge 80/20 da domani?”. Vorrei condividere qui con te le prime due azioni che decisi di attuare appena terminata la lettura dell’ultima pagina. Ero in vacanza e avevo parecchio tempo quindi lo feci senza mentire a me stessa. Nel mio caso, quando lavoravo come impiegata, mi sentivo spesso frustrata dalla mancanza di tempo. Si trattava quindi di individuare il 20% delle cause della perdita dell’80% del mio tempo e delle mie energie. Dovevo:   distinguere quali erano le attività o le persone che mi rubavano del tempo; nel mio caso le telefonate di chi voleva solo lamentarsi o di chi non mi chiedeva se avevo dieci minuti disponibili (essere disponibili è un conto, essere perennemente a disposizione di tutti è un’altra cosa);decidere a quali e-mail rispondere immediatamente e quali invece potevano essere riscontrate in 24 ore o magari delegate. A livello personale invece decisi di:   trasformare il tempo che trascorrevo sui social in tempo utile, selezionando le pagine e le community da seguire;investire il tempo guadagnato per la mia formazione personale, per esempio per seguire webinar online o vedere video in inglese. Il cambiamento tuttavia è un percorso che richiede del tempo “per scrostarsi di dosso”, come dice Tim, delle abitudini. Da qualche parte però bisognerà pur cominciare se si vuole ottenere risultati diversi da quelli avuti sino ad oggi. Ecco, infine, quali sono le 5 strategie che mi porto a casa da questo libro:   definire un obiettivo e la sua dreamline ossia una mappa temporale per raggiungerlo; 2. non legare il nostro reddito unicamente al nostro tempo; 3. la legge 80/20 di Pareto può essere applicata a diversi ambiti; 4. delegare e automatizzare le attività quando possibile; 5. coltivare un’ignoranza selettiva facendo un semi-digiuno mediatico.  Ho cercato di applicare questi concetti sia alla mia vita professionale che privata, dal digiuno dai tg alla gestione delle lavatrici. Posso dire di essere ugualmente informata e a nessuno, in casa, sono mai più mancate le mutande pulite. Ma questa è un’altra storia 🙂 Frasi indimenticabili di 4 ore alla settimana di Tim Ferriss “Smettetela di chiedere pareri e cominciate a proporre soluzioni”. “Non lasciatevi condizionare dagli sciocchi o diventerete uno di loro”. “Eliminate prima di delegare”. Libri e podcast consigliati Se hai già letto 4 ore alla settimana, per rimanere sintonizzato con lo stile diretto e concreto di Tim Ferriss, ti consiglio di leggere anche 4 ore alla settimana per il tuo corpo e chef in 4 ore. Altri due titoli parimenti provocatori che utilizzano le metafore del corpo e della cucina per praticare l’automiglioramento come stile di vita. Infine, le parole efficienza, miglioramento e strategia non possono che farmi consigliare il libro di Seth Godin La Mucca Viola, che puoi leggere qui. Cerchi un podcast a tema? Decisamente The Tim Ferriss Show, in lingua originale, nominato per tre anni di seguito “Best of” di Apple Podcasts. Disponibile anche su Spotify. Francesca LucenteInnamorata della mia famiglia, del digital marketing e dei libri. Bookblogger per passione. Attraverso il mio blog sulla lettura voglio diffondere l’amore per la cultura, i libri e la formazione. I miei valori sono la condivisione e la collaborazione, soprattutto fra donne. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo La risposta veloce è No, ma ora vedremo il perché partendo dallo spiegare cosa sono i contenuti duplicati.  Contenuti duplicati: cosa sono? Il termine contenuti duplicati riguarda la disciplina della SEO. Si tratta di testi o blocchi di testo completamente identici pubblicati su pagine web diverse, quindi accessibili da URL differenti. Si parla di contenuti duplicati interni, se questi differenti link si trovano all’interno dello stesso dominio, oppure esterni se sono presenti su domini diversi. Dal punto di vista SEO i contenuti duplicati rappresentano un problema in quanto di fronte a una medesima query di ricerca esistono più contenuti con la stessa risposta. Google non capisce quale URL offre il contenuto più rilevante per l’utente e potrebbe considerare questa pratica un inganno nel tentativo di generare più traffico verso i propri siti. Infatti, a causa dei contenuti duplicati Google potrebbe penalizzare il dominio e far perdere dunque visibilità e posizionamento.  Ecco perché è altamente rischioso usare gli stessi contenuti su più pagine di uno o più siti, anche se appartenenti alla stessa fonte. I contenuti duplicati non sono solo il testo una pagina web o di un articolo blog, ma anche il titolo e la sua meta description, che sono di fatto tra gli elementi più rilevanti nell’ottimizzazione SEO on-page. E per evitare ricadute in ambito SEO dovute alla duplicazione, è giusto che anche questi due elementi siano unici. Descrizioni episodi podcast: come scriverle in modo efficace Leggi tutto Contenuti duplicati e podcast: qual è il legame? Nell’articolo su come ottimizzare le descrizioni podcast per i motori di ricerca, spiego che la distribuzione della stessa puntata su più piattaforme podcast, crea di fatto link diversi per ciascuna app di ascolto ma con il medesimo titolo e la medesima meta description, che ereditano dal hosting provider con il quale è stata distribuita. Per esempio: se hai prodotto una puntata podcast che risponde alla query di ricerca come creare una sigla podcast, e quella stessa puntata l’hai distribuita su Apple Podcast, Spotify, Spreaker e altre app, nella SERP di Google compariranno tutti i link di queste piattaforme e tutti avranno lo stesso titolo e la stessa descrizione. Potenzialmente saremmo in presenza di un contenuto duplicato. È davvero così? Come dicevo all’inizio no. In questo caso si tratta di una semplice distribuzione su più piattaforme di uno stesso contenuto e non la pubblicazione di contenuti identici su più siti. Questo infatti non è penalizzante, ma anzi presidiare la SERP con più link sullo stesso argomento non fa altro che aiutare il tuo posizionamento. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo La scelta del titolo di un podcast è uno degli aspetti che, spesso, mette alla prova la creatività di chi sta progettando una serie audio. Per questo motivo ho pensato di racchiudere in questo articolo le 7 regole da seguire per trovare un titolo efficace. In qualità di Podcast Coach ho avuto modo di riscontrare che, anche per i miei coachee, la scelta del titolo non è sempre stata immediata. Prima di iniziare, voglio spiegarti brevemente perché è così importante scegliere bene il titolo di un podcast. Ci sono diverse analogie che accomunano un podcast e un prodotto commerciale. Il primo è un contenuto del quale gli utenti scelgono di fruire in modo consapevole, vagliando le tante proposte presenti sulle piattaforme di ascolto. La scelta di un podcast da parte degli ascoltatori, è dettata da diversi fattori tra cui sicuramente i loro interessi e bisogni personali, proprio come succederebbe nella scelta di un qualsiasi altro prodotto fisico rispetto ad un altro.  Ci sono, tuttavia, degli elementi attrattivi specifici che facilitano questa scelta, nonché una delle regole che il marketing usa quando studia un nuovo prodotto da mettere in commercio, e sono: il naming;il packaging. Come fa l’utente a capire se un determinato podcast risponde ad un suo bisogno?  Devono essere chiari alcuni elementi visivi capaci di creare un ingaggio e trasmettere un messaggio definito ed identificativo. Se ci riferiamo al podcast, il titolo è uno di questi (anche se non l’unico) proprio come il naming lo è per un prodotto commerciale.  Chiarito il perché, vediamo ora quali sono le 7 regole per scegliere un titolo podcast che funzioni. 1. Nome podcast facile da ricordare Scegli un titolo semplice e facile da ricordare per tutte le persone, indipendentemente dalla nicchia a cui ti rivolgi. Parole troppo difficili o che possono essere confuse, potrebbero portare a un risultato indesiderato. Più il titolo ha capacità di rimanere impresso nella mente di una persona, più è facile per l’utente cercarlo sulle piattaforme.  A questo proposito, è doveroso fare un accenno al funzionamento delle piattaforme di ascolto. Esse contengono al loro interno un motore di ricerca che funziona diversamente da quello di Google. Mentre il motore di ricerca di Google suggerisce le parole o gli intenti di ricerca, durante la digitazione (quindi anche nel caso in cui dovessimo sbagliare a digitare una lettera), nelle piattaforme di ascolto, se il nome del podcast non viene digitato correttamente, non si riceve alcun suggerimento ed è necessario effettuare un nuovo tentativo di ricerca. Naturalmente, se un ascoltatore non ricorda esattamente com’è scritto il titolo del tuo podcast, non lo troverà subito. Infine, se il tuo podcast si rivolge ad una nicchia, cioè a un pubblico specializzato e magari utilizza un linguaggio tecnico, il mio consiglio è quello di utilizzare nel titolo termini facili da ricordare e da scrivere. 2. Scegli un titolo podcast senza punteggiatura Come avrai intuito, la motivazione richiama il punto precedente. La possibilità che il nostro potenziale ascoltatore commetta un errore di digitazione, perché non si ricorda se ci siano due punti, punto e virgola o altro, è dietro l’angolo. Stessa cosa vale per l’utilizzo di acronimi puntati: per quanto possano sembrare adatti al contenuto delle puntate, rischiano di rendere difficoltosa la ricerca per l’utente. È vero, una fetta di ascoltatori fidelizzati probabilmente salverà il tuo podcast tra i preferiti. L’obiettivo di ogni podcaster, però, è anche quello di raggiungere nuovi ascoltatori ed è quindi un buon motivo per cui facilitare loro la ricerca. 3. Nome Breve  Inventa un titolo che sia composto da una, due o tre parole al massimo.  Prova a pensare: hai mai visto un prodotto a scaffale che ha per nome un’intera frase? Suppongo di no.  Il motivo si ricollega a ciò che ho detto in precedenza: il titolo del podcast deve essere ricordato e, affinché ciò accada, deve essere di impatto e immediato. Deve essere capace di racchiudere in pochissime parole il messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico e lo scopo del tuo podcast in modo tale che l’utente capisca subito di cosa si tratta.  Capisco che non sia facile sintetizzare dei concetti in poche parole: non a caso si parla di dono della sintesi! Hai mai provato a scrivere una tua bio in 180 caratteri? È un esercizio che, in un primo momento, può risultare difficile in quanto significa scegliere accuratamente le parole da utilizzare affinché le sfumature del loro significato possano condensare i concetti chiave della nostra bio. 4. Nome del podcast inedito Scegli un nome inedito per il tuo podcast. Una regola molto importante è quella di verificare sempre, a priori, che non esistano altri podcast con lo stesso titolo. I motivi sono essenzialmente due: creeresti confusione nell’ascoltatore che troverà nei risultati di ricerca due podcast con lo stesso nome;se vorrai creare una landing page che nella URL contenga il titolo del tuo podcast, sarà più semplice trovare un dominio libero da acquistare. Se ti stai chiedendo come verificare se esistono altri podcast con lo stesso titolo che vorresti dare al tuo, è presto detto. Fai una ricerca sulle piattaforme di distribuzione come Apple Podcast, Spotify, Spreaker o sul sito Chartable.com con il titolo esatto che vuoi utilizzare per verificare un’eventuale sovrapposizione. Dopo di che cerca nella SERP di Google, per escludere l’esistenza di domini, pagine social, community o altri canali che abbiano lo stesso nome che vorresti usare tu e che potrebbero sottrarre traffico utile alla ricerca organica del tuo podcast. Personalmente mi è capitato di dover cambiare il titolo del podcast perché quello inizialmente scelto combaciava con il nome di un’associazione no profit molto presente sul web e i cui contenuti e mission differivano totalmente dal mio messaggio. Ma soprattutto, il suo posizionamento sui motori di ricerca non mi avrebbe giovato in termini di visibilità. 5. Titolo e contenuto nella stessa lingua Usa un titolo nella stessa lingua in cui sono redatti i contenuti degli episodi del podcast: in italiano se il tuo podcast è in lingua italiana e in inglese o in un’altra lingua se questa è quella dei tuoi contenuti.  Voglio richiamare la tua attenzione sul fatto che scegliere un titolo in una lingua diversa non è da considerarsi un errore. Omologare, tuttavia, la lingua del titolo del podcast a quella dei contenuti, soddisfa l’obiettivo di trasmettere subito un messaggio chiaro all’utente, facendo capire che gli episodi saranno realizzati in quella stessa lingua. Inoltre, le piattaforme di ascolto raggruppano i contenuti di tutte le lingue ed è, quindi, più facile indirizzare gli ascoltatori con un titolo in linea.  6. Evita di usare il tuo nome nel titolo È meglio evitare di inserire il tuo nome personale nel titolo del podcast, a meno che tu non sia una persona già molto popolare e conosciuta, con un forte personal branding che farebbe capire subito all’utente quale tipo di contenuto aspettarsi. In realtà, anche in questo caso, il proprio nome personale non trasmetterebbe necessariamente un messaggio chiaro e immediato relativo al fulcro del podcast.  Voglio farti un esempio pratico, parlando di Neil Patel, famosissimo esperto di marketing digitale a livello mondiale e, pertanto, una persona decisamente conosciuta nel suo settore. Quando ha lanciato il suo podcast non ha usato come titolo il proprio nome e cognome, piuttosto ha deciso di intitolarlo “Marketing School”. Si tratta di una scelta orientata a chiarire subito e in modo inconfutabile l’argomento su cui vertevano gli episodi: lezioni di marketing, appunto. Se vuoi supportare il tuo brand personale, anziché usare il tuo nome nel titolo, potresti pensare di usare quello di un tuo progetto. Ad esempio, il podcast LinkedIn Mindset è lo stesso di un progetto editoriale dell’autore Luca Bozzato. 7. SEO friendly Scegli un titolo SEO friendly laddove è possibile in quanto questo permetterà al tuo podcast di comparire con più probabilità nella SERP di Google. Utilizzare le stesse parole chiave che l’utente digita nella search intent, può agevolarti nel posizionamento nei risultati di ricerca.  Se per il tuo business stai presidiando delle parole chiave e il tuo podcast risponde a un preciso bisogno degli utenti, è consigliabile sfruttare la ricerca organica. Avrai così più chance di posizionarti insieme ad altri contenuti che riguardano la tua stessa attività, migliorando, di conseguenza, la discoverability del tuo podcast.  Diventare Wedding Planner sfrutta un intento di ricerca. Naturalmente, non è automatico che, così facendo, il tuo podcast comparirà tra i primi risultati di ricerca. Se conosci un po’ i fattori di ranking della SEO, infatti, saprai che sono tanti i fattori che concorrono al posizionamento. Cosa può aiutarti a capire cosa stanno cercando le persone sul web?  Google e Youtube sono due importanti motori di ricerca da cui puoi attingere, digitando le parole chiave che ti rappresentano nel campo di ricerca. In aggiunta a ciò, puoi usare dei SEO tool come Ubersuggest per avere una panoramica delle keywords utilizzate. Conclusioni Siamo arrivati alla fine di questo articolo e spero di averti dato una panoramica sufficientemente ampia per iniziare a pensare al titolo del tuo podcast. Se ne stai progettando uno o vorresti iniziare a farlo, contattami per richiedere una consulenza personalizzata. Detto ciò, voglio rassicurarti: se trovare un titolo del tuo podcast che racchiuda tutto ciò che esso rappresenta ti risulta difficile, è assolutamente normale. Serve solo un po’ di pazienza e un bell’esercizio di brainstorming. Il mio consiglio, in questo caso, è usare carta e penna per liberare la creatività. Scrivere a mano funziona molto di più che non scrivere idee su un foglio elettronico. Se vuoi approfondire ulteriormente altri aspetti utili legati alla scelta del titolo di un podcast, ti invito a leggere anche questo articolo. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Nei diversi libri e contesti di marketing in cui mi sono imbattuta fino ad oggi sul tema della multicanalità, pochi, se non pochissimi, menzionano il podcast tra i canali di marketing. Un gran peccato visto che è uno dei trend in forte crescita degli ultimi 5 anni in Italia, nonché mezzo di comunicazione innovativo. Ritengo sia opportuno parlarne, sia per stimolare una maggiore consapevolezza sulle potenzialità del podcast in una strategia di multichannel marketing, sia per fornire esempi utili alle aziende e ai liberi professionisti che vogliono usare il podcast per promuovere il proprio business. In questo articolo partiremo dal significato di multicanalità, sviscereremo le differenze rispetto a omnicanalità e cross-canalità per poi concentrarci sull’utilità di inserire il podcast in questo tipo di strategia di comunicazione e fornire qualche esempio (che non guasta mai!). Cosa si intende per comunicazione multicanale Per multicanalità si intende un approccio marketing che usa diversi canali di comunicazione a fronte di un’unica strategia. In pratica il messaggio è uno solo ma è declinato su piattaforme e contesti differenti. Nella logica multichannel ogni canale funziona separatamente dagli altri, non c’è dialogo tra di essi. La comunicazione è replicata in ciascun ambiente tenendo conto dei rispettivi linguaggio, regole, tempi, tono e talvolta audience. Di base, quindi, declinare lo stesso messaggio non significa necessariamente fare un copia-incolla di esso senza criterio. Significa trasmettere la stessa strategia (in alcuni casi anche il medesimo calendario editoriale) rendendo coerente la comunicazione a prescindere dal luogo in cui l’utente ne fruirà. Per canali digitali e offline, organici e a pagamento, mi riferisco ad esempio a: blogsito webSEOtutti i social mediavideo marketingapp mobilenewsletterGoogle AdsDigital PRsocial Advpodcast marketing. Quando nella tua attività, grande o piccola che sia, implementi il marketing multicanale stai facendo due cose: aumenti le tue opportunità di interazione con i prospect;offri agli utenti la possibilità di seguire i tuoi contenuti sulle loro piattaforme preferite. Gestire più canali contemporaneamente con criteri di comunicazione diversi richiede tempo, certo. Quel che però devi considerare è che oggi il Customer Journey di ogni utente è molto più complesso rispetto al passato. La quasi totalità delle decisioni di acquisto avvengono dopo diversi step e interazioni su canali differenti sia a livello online/offline, sia web/social. Zmot Handbook Research Ciascun utente, me e te compresi, combinano percorsi sempre diversi in base ai canali che ritiene più idonei o che preferisce. Questo porta ai cosiddetti Multi-Channel Funnels. Dunque, per fare qualche esempio, una persona può intercettare i tuoi contenuti sul blog a seguito di una ricerca organica specifica, scoprire che hai un podcast trovando il player delle tue puntate, ascoltare gli audio per approfondire un argomento, seguirti sui social, tornare sul sito web, iscriversi alla tua newsletter, seguire altri contenuti, appassionarsi al tuo brand e acquistare. Ovviamente, se sei presente su tutti questi canali. Differenze tra Multicanalità, Omnicanalità e cross-canalità Con la multicanalità è la strategia ad essere al centro di tutto, mentre l’utente si sposta tra un canale e l’altro o ti intercetta nei vari touchpoint seguendo un suo personale customer journey. Tanti canali separati, un unico messaggio. Come vedremo più avanti, il multichannel si sposa molto bene con il podcast marketing. Con la omnicanalità è l’utente al centro di tutto. I canali sono comunicanti tra loro e lavorano all’unisono seguendo l’utente nei vari touchpoint. In pratica una persona potrebbe iniziare un’operazione su un canale e terminarlo su un altro senza soluzione di continuità. I canali si aggiornano in base all’ultima azione dell’utente, riducendo di molto i tempi di conversione. Il marketing omnichannel è ormai una prerogativa per certi contesti, ma non è una strategia applicabile al podcast, almeno non per ora.  La cross canalità è invece interessante per chi vuole integrare il podcast tra i propri canali di comunicazione. In questo contesto, l’utente inizia un’azione su una piattaforma e poi la conclude in un altra ma con azioni separate e ben distinte. Nel mondo del retail ne è un esempio il click & collect in cui il cliente acquista online e poi ritira la merce in un negozio fisico. Nel mondo del podcast, potrebbe essere l’inserimento nell’audio di parole chiave specifiche da usare poi su altre piattaforme per la conversione. Podcast e multicanalità: esempi Il podcast marketing è un canale dalle grandi potenzialità che ben si inserisce nella strategia di comunicazione di qualunque brand. Che tu sia libero/a professionista oppure azienda, con i contenuti audio lavori sia in termini di brand marketing che di content marketing. Podcast Marketing: cos’è e quali sono i vantaggi per il tuo business Leggi tutto Come abbiamo visto, in una logica di multicanalità lo stesso messaggio è diffuso su più canali, seguendo un piano editoriale univoco ma tenendo conto delle specificità di ciascuna piattaforma. Nota bene: tanti canali, un’unica strategia, per cui prima di tutto ne serve una. Questo è il motivo per cui spingo molto sul fatto che gli obiettivi del podcast devono essere allineati agli obiettivi del tuo business. La comunicazione deve essere sempre coerente con la tua identità, messaggio e valori, senza spiazzare l’utente. Come usare il podcast in una strategia di multichannel marketing? Facciamo qualche esempio pratico: Blog e podcast Scrivi un articolo blog in modo strutturato secondo le logiche SEO. Lo stesso tema lo affronti con una puntata podcast in cui argomenti il tuo punto di vista, le tue riflessioni in modo naturale e spontaneo e senza la rigidità di un testo scritto. Quello stesso episodio lo incorpori nel tuo articolo blog. Dall’altro lato, nelle descrizioni degli episodi podcast inserisci i link del tuo blog post in cui trovare altro materiale correlato. In questo caso ha intercettato due tipi di utenti: chi ha trovato il tuo contenuto da una ricerca organica ha letto l’articolo e scoperto il podcast;chi ha ascoltato il podcast sulle piattaforme di ascolto viene a conoscenza del tuo articolo blog. Newsletter e podcast Nelle puntate podcast puoi invitare gli ascoltatori a iscriversi alla newsletter magari a fronte di una risorsa gratuita da scaricare oppure per ricevere contenuti di approfondimento riservati alla tua community che non troverebbe altrove. Viceversa, nella tua newsletter puoi condividere i tuoi nuovi episodi podcast su argomenti a cui la tua community è interessata. Social e podcast La puntata podcast può facilmente essere declinata sui social in diverse modalità: Reels Instagram, TikTok, short YouTube: estrapola gli highlight audio della tua puntata e condividili sotto forma di video con immagini statiche, audiogrammi e/o video intervista se presenti.Instagram post e caroselli: spacchetta i contenuti in tips, citazioni, riflessioni inerenti gli argomenti da te affrontati in puntata.LinkedIn: fai una sintesi dell’argomento trattato nella puntata e condividila con la tua rete professionale sotto forma di post, newsletter, documenti pdf. TIPS: I contenuti presenti nella newsletter di Linkedin sono indicizzati da Google e possono comparire nella SERP se rispondono a un intento di ricerca. Inoltre, puoi persino incorporare al suo interno il player di Spotify per l’ascolto diretto delle tue puntate. Vantaggi e svantaggi della multicanalità A questo punto dell’articolo possiamo tirare le somme sui pro e contro della multicanalità e farci un’idea di come e perché operare in tal senso nella nostra strategia di marketing. In parte ne abbiamo già parlato, ma sintetizzando i vantaggi del multichannel sono: ampliare la propria target audience: avere più touchpoint significa avere più opportunità di intercettare un utente laddove si trova e preferisce stare.generare traffico verso altri canali: chi ti scopre su un canale potrebbe entrare nel tuo contesto comunicativo e conoscere altri contenuti.offrire un’esperienza utente diversificata: anche se lo stesso utente frequenta più canali, potrebbe essere più propenso a fruire dei tuoi contenuti in modalità diverse in base al momento della giornata, alle sue abitudini, al tempo a disposizione. Non sottovalutare questo aspetto.attivare i funnel marketing: alcuni canali sono più orientati a lavorare sulla consapevolezza e la conoscenza del brand, altri lavorano di più sul nurturing e la fidelizzazione. Ma tutti concorrono a creare il customer journey che porta alla conversione. Podcast Marketing: come creare la strategia giusta per il tuo business Leggi tutto Più che di svantaggi della multicanalità parlerei di punti di attenzione da tenere presente: pianificazione: non puoi prescindere da questo step fondamentale che richiede visione a breve, medio e lungo termine. Potrebbero volerci tempo e magari l’aiuto di un digital strategy che ti segua nella preparazione di un piano marketing adeguato.Organizzazione: tanti canali, formati diversi, linguaggi diversi. Ciò significa che per fare tutto devi organizzare bene le attività. Su questo fronte ho personalmente ritenuto utile dedicare in agenda momenti precisi (e non barattabili) da dedicare alle attività di marketing.Disciplina e costanza: niente arriva in tempi brevi e con poco sforzo, anche se a tutti piace il detto “poca spesa, massima resa”. Per i risultati migliori ci vuole pazienza. Il posizionamento è un processo lento ma duraturo se fatto con costanza. Per cui non mollare. Ricorda che più touchpoint hai a disposizione, maggiori opportunità hai di conversione. Conclusioni Il podcast marketing ti offre l’opportunità di entrare in connessione con le persone e attrarle con modalità che altri canali non ti danno. Pensa solo alla durata di ascolto che supera i 30 minuti di media giornaliera (dati IPSOS 2021): quanto contenuto puoi divulgare in un periodo così lungo? Se vuoi sapere come implementare il podcast nella tua strategia multicanale, scrivimi direttamente e fissiamo una telefonata conoscitiva. Nel frattempo ti invito a seguire il mio podcast per il business pensato esattamente per chi vuole usare il podcast come alleato strategico per il proprio business. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Il corso di podcast marketing Da Zero a Podcast ha questo obiettivo: insegnarti a progettare un podcast che possa diventare l’asset strategico del tuo business. Che tu sia imprenditore o libero professionista o marketer, con questo corso metti le basi per integrare la comunicazione audio nella tua strategia di marketing a supporto del tuo brand. Non è l’ennesimo corso di podcasting che puoi trovare online. Da Zero a Podcast punta all’uso del podcast come strumento di marketing, aiutandoti a definire contenuti che rafforzino il tuo posizionamento. È completo: parti dal mindset, costruisci il progetto, definisci il piano d’opera, impari a usare la voce e a scrivere contenuti adatti all’audio. E porti tutto questo alle orecchie dei tuoi ascoltatori imparando a mettere in piedi un piano promozionale adatto al tuo contesto. Perché un corso di podcast per il business Negli ultimi due anni il mondo del podcasting in Italia è cresciuto parecchio. Il numero di ascoltatori è aumentato, il numero di produzioni è cresciuto, ma soprattutto è cresciuta la qualità dei podcast, sia come contenuto che come esperienza di ascolto. Molte aziende e molti liberi professionisti hanno colto il grande potenziale del podcast come strumento di marketing e iniziano ad avvicinarsi ad esso con grande interesse. Dopotutto si presta molto bene per fare divulgazione, formazione e intrattenimento offrendo al pubblico un’esperienza di fruizione completamente nuova rispetto agli altri canali. Se stai leggendo questo articolo, probabilmente sei interessato a saperne di più. Tuttavia, non basta solo saper creare un podcast. Perché sia efficace per il tuo business è importante che sia progettato sulla base delle tue specifiche esigenze in termini di obiettivi, target, KPI, risorse e budget. Non solo, deve poter contribuire al tuo posizionamento, amplificare l’efficacia degli altri tuoi canali di comunicazione in modo da creare una sinergia vincente. In tal caso, sappi che avrai bisogno di creare un podcast professionale che sia coerente con la tua strategia di comunicazione e avvicini il pubblico giusto.  Su queste premesse nasce il corso di podcast marketing Da Zero a Podcast, che ti aiuterà a sviluppare il prodotto audio giusto per il tuo brand. Chi sarà la tua docente La tua docente sarò io, Ester Memeo. Ho ideato e preparato personalmente tutti i contenuti del corso. In qualità di Podcast Coach e Producer specializzata in podcast per il business lavoro già con liberi professionisti e aziende nella creazione di podcast professionali e nella creazione di strategie di marketing audio. Lavoro e collaboro con importanti brand e agenzie di comunicazione. Uso un approccio strutturato che coniuga progettazione, creatività e marketing, frutto del mix di competenze acquisite in oltre vent’anni di lavoro in aziende multinazionali. Mi sono specializzata in Digital Project Marketing e applico queste conoscenze per sviluppare contenuti audio mirati alla promozione del proprio brand. Sono autrice del podcast Podcast per il Business e co-autrice del libro Come fare Podcast in Biblioteca edito da Editrice Bibliografica. Nel 2022 ho presentato la sezione live del Festival del Podcasting di cui sono anche parte dello staff organizzativo.  Nel corso porto tutta la mia esperienza e competenza unita a un’accurata selezione per i moduli di focus e approfondimento che accrescono il valore dei contenuti stessi. Com’è strutturato il corso podcast Nella versione più completa, il corso di podcast online è composto da 12 moduli complessivi suddivisi in 130 lezioni video, oltre a 7 audio interviste fatte a professionisti esperti su temi attinenti il podcasting. A completare il tutto workbook e materiale pdf di supporto per esercitarsi e lavorare al proprio progetto.  Il video corso segue un approccio metodico e strutturato per fornirti tutti gli strumenti necessari per partire da zero a progettare il tuo podcast. Sono oltre 13 ore di formazione che spaziano dalla strategia fino alla promozione e monetizzazione. Ogni modulo è focalizzato su una specifica area del podcast: definizione della strategia piano di progettazione e struttura del podcast produzione dei contenuti testuali per l’audio uso della voce ed esposizione al microfono uso e scelta degli strumenti piano promozionale strumenti di monetizzazione. Il programma Il programma include anche un focus specifico su: SEO e Podcast, per migliorare il posizionamento dei tuoi contenuti sui motori di ricerca un modulo dedicato all’uso di Reaper, un software professionale di editing audio un modulo per imparare a creare un set professionale low budget per creare i tuoi video podcast.  Il tutto in lezioni video che puoi seguire da qualunque device, tutte le volte che vuoi. E per completare la proposta formativa, troverai anche 7 audio interviste a professionisti esperti per approfondire tematiche come: diritto d’autore e aspetti legali gestione delle interviste in modo professionale uso dell’advertising per promuovere il podcast come creare un libro partendo dal podcast e due casi studio su: come promuoversi usando LinkedIn con l’autore di LinkedIn Mindset, Luca Bozzato come usare il podcast per lanciare un proprio servizio con l’autrice di Diventare Wedding Planner, Elisabetta Bilei. Cosa saprai fare dopo il corso Da Zero a Podcast è pensato soprattutto per aiutarti a creare un prodotto di marketing e a progettarlo in funzione della tua dimensione professionale. Non è un tutorial prettamente tecnico, perché non basterebbero tredici ore di formazione per diventare esperti di editing e montaggio audio. Al suo interno, tuttavia, troverai due moduli sull’uso degli strumenti: per poter scegliere l’attrezzatura giusta e imparare a fare un semplice montaggio audio usando Reaper come Digital Audio Workstation.  Ecco quali sono le attività che imparerai seguendo il corso Da Zero a Podcast: Costruire da zero la strategia per il podcast adatta al tuo business Creare un progetto sostenibile e in linea con gli obiettivi di marketing Sviluppare l’idea e creare l’intera struttura del podcast Impostare un piano editoriale in ottica SEO Scrivere contenuti adatti all’audio Usare le tecniche per parlare al microfono Analizzare dati e statistiche Registrare e montare un file audio da caricare online Gestire le interviste in modo professionale Districarti tra gli aspetti legali in tema di copyright Creare un set low budget per video podcast Scegliere la strumentazione Promozione e monetizzazione del podcast. Insomma strategia e pratica per sviluppare il tuo primo podcast marketing.  Come ottenere il corso di podcast marketing Trovi tutto il programma, i dettagli e le specifiche del corso in questa pagina dedicata dove potrai scegliere uno dei 3 livelli proposti: Livello Start: i primi 9 moduli del corso con tutte le basi per creare e pubblicare il tuo podcast Livello Pro: tutti e 12 i moduli del corso oltre a 7 audio interviste Livello Top: tutti i contenuti del modulo Pro oltre a due ore di consulenza one-to-one con me e l’accesso al gruppo Telegram riservato ai miei studenti per tutto il 2023. Convenzioni Se sei socio Assipod, Associazione Italiana Podcasting, allora ti farà piacere sapere che a te è riservata una convenzione speciale. In questo caso, scrivimi direttamente e ti darò tutte le informazioni per ottenere l’offerta a te riservata. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
La curiosità di leggere Dimmi chi sei di Riccardo Scandellari è nata in me quando iniziai a seguire i post della sua rubrica su Linkedin. Saziavano la mia pausa pranzo ed erano ottimi spunti di riflessione. Piccoli sassolini lanciati in uno stagno che con cerchi concentrici sempre più grandi, mi hanno portata a esplorare anche il suo blog. Skande.com è il manifesto di un “marketing elegante, etico e creativo” (cit.). Uno dei blog di business più seguito in Italia. Da appassionata di libri, eccomi qui a parlare di quello che a mio parere non è solo un libro da leggere ma è un manuale del personal branding da studiare. Ammetto di aver impiegato parecchi giorni a leggerlo perchè, in effetti, ho ripassato più volte molti dei concetti enunciati e sottolineato molto. Ti presento il libro di Riccardo Scandellari, esperto di marketing e personal branding nonché consulente e formatore personale ed aziendale. Docente nelle migliori business school e relatore ai maggiori eventi italiani in tema di comunicazione digitale e marketing. Trama di “Dimmi chi sei, Scopri perché sei unico e ottieni attenzione, fiducia e contatti” La trama di “Dimmi chi sei” è la chiave del libro non solo in quanto titolo bensì perché è la domanda intorno alla quale si sviluppa una buona strategia di marketing. In particolar modo, la tua strategia di comunicazione digitale. Un viaggio che parte proprio dalla risposta alla domanda: dimmi chi sei tu. Perché é così importante saperlo? Saranno i tuoi valori, i contenuti che vuoi diffondere e il modo in cui racconterai tutto ciò che saprà fare la differenza sul mercato. Per essere credibile devi essere autentico, dare la possibilità alle persone di immedesimarsi in te e nei tuoi valori. Un buon motivo per conoscerli tu stesso, diversamente sarà molto difficile che tu riesca a comunicarli – a parole o tra le righe dei tuoi post – e crearti un seguito di persone. Personal branding significa costruire la propria credibilità sul mercato. Come saprai già avere una buona reputazione richiede del tempo. In questi mesi (non è altro che così che devi misurarli) tu dovrai metterci un ingrediente raro: la costanza. Riccardo ci dice che per poter avere un blog a livello professionale (per trarne un reddito, per intenderci) è necessario avere almeno mille persone che ci seguono. Come fare per avere 1.000 followers? Immagina di coltivare almeno 3 contatti al giorno e, in un anno, avrai costruito una relazione con circa 1.000 persone. Sono le stesse persone con cui interagiamo già tutti i giorni: visitano i nostri profili social, mettono un like ai nostri post, a volte ci lasciano un commento, condividono un nostro contenuto o, in alcuni casi, ci inviano un messaggio privato. Costruire una relazione non significa attivare un bot (un sistema di messaggistica automatizzata, per esempio tramite Messenger) bensì scrivere un messaggio personale, in poche parole: aprire un canale di comunicazione. Dobbiamo ricordarci che oggi non esistono più solo i contatti online perché esse si fondono sempre più con la vita reale offline. In mezzo a quelle 1.000 ci saranno sicuramente persone alla quale avremo modo di stringere la mano ad un evento o forse con cui collaborare. Puoi scegliere quale tipologia di comunicatore essere: ostentativo – auto celebrandoti – o utile. Se sarai ostentativo farai vedere una tua foto mentre partecipi a un corso oppure fotograferai il diploma ricevuto. Se vorrai essere utile condividerai cosa avrai imparato partecipando a quel  corso. Il tuo valore aggiunto non sarà percepito dalle persone che ti seguono solo perché tu glielo comunicherai. Il più delle volte si leggerà tra le tue righe, trasparirà dall’utilità dei tuoi contenuti. Se ti stai chiedendo come scrivere contenuti utili, prova a pensare alle domande che poni tu stesso nelle tue ricerche in rete. Essere ovunque e incessantemente, per divulgare i tuoi post, può essere una scelta. Essere su un paio di piattaforme, con costanza e contenuti di qualità farà la differenza. La buona notizia è che la corsia delle persone costanti non è sempre affollata! Oggi più che mai, hai bisogno di trovare ciò che ti rende unico. Il personal branding è il tuo marchio di fabbrica. Da che cosa vuoi essere riconosciuto? “Dimmi chi sei” tirerà fuori la tua autenticità per raggiungere il maggior pubblico possibile. Non ti aiuterà a scegliere né decidere quale maschera indossare. La mia Recensione “Dimmi chi sei” è una delle domande più difficili a cui mi sono trovata a rispondere ultimamente. Non è sufficiente dire come ti chiami, dove vivi e che lavoro fai. Chi sei tu veramente e che cosa vuoi ottenere? Il come che ti permetterà di raggiungere i tuoi obiettivi, siano essi personali o professionali, nascerà infatti da queste due risposte messe insieme. Io sto ancora provando a darmi una risposta, ad essere sincera. Cosa vogliamo fare da grandi e che tipo di persona vogliamo essere – a fatti, non a parole – richiede una profonda conoscenza di sé. In parte anche un’accettazione che non significa però riconoscere di essere fatti in un certo modo e così restare. La vera conquista sta nello scovare le nostre caratteristiche più belle e farle brillare come stelle. Farci conoscere per ciò che siamo, nella più bella versione. A patto che sia genuina. Riconoscere anche gli atteggiamenti o le nostre abitudini meno costruttive è, al contempo, un grandissimo passo perché ciò ci permetterà di dismetterle. “Dimmi chi sei” è un manuale di personal branding che ti guida, mano nella mano, dalla presa di coscienza del sé, sino alla definizione di una strategia di comunicazione online. Se io volessi imparare a fare questo mestiere – fare del mio nome un vero e proprio brand – vorrei sicuramente apprendere tutti i segreti e le tecniche da chi già lo ha fatto. Ecco perché ho scelto il libro scritto dal blogger di business più seguito in Italia. In questo libro Riccardo Scandellari ripone tutta la sua esperienza e il suo metodo parlando di Skande.com, fondato nel 2012. Un successo consolidato insomma. A chi consiglio questo libro? Non solo a blogger o influencer. Lo consiglio a tutti coloro che vogliono apprendere l’arte di fare personal branding: come farlo bene (se già lo si fa ma senza risultati) o come iniziare a farlo. Vorrei sottolineare che il tema non è solo da valutare a livello personale ossia che si voglia o meno aprire un blog e trarne profitto. Chiunque abbia un’attività, online e offline, è importante che entri nell’ottica di idee di dover comunicare il proprio chi sono e non solo il proprio prodotto. Motivo per cui, il personal branding aziendale è un tema sempre più attuale e anche le società più quotate stanno tenendo appositi corsi alle persone con ruoli chiave all’interno dei propri team. Per gli addetti ai lavori, invece, decisamente un must have da avere nel carrello. Frasi indimenticabili di “Dimmi chi sei” “Le persone sono semplici da comprendere: vogliono essere ascoltate, gratificate e apprezzate. Possiamo identificare il principio di qualsiasi attività di marketing in una semplice domanda: Dimmi chi sei.”“Ci sono persone in ascolto: è necessario avere chiaro chi vuoi essere prima di capire quanto ti costerà diventarlo.”“Questa non è più l’era dei follower, ma delle connessioni vere, in cui l’esigenza primaria, come creatore e distributore di contenuti, è comprendere esattamente ciò che il lettore si aspetta per rimanere connesso a te.” Letture e Podcast consigliati Sempre di Riccardo Scandellari, se vuoi approfondire il tema del personal branding, ti consiglio i libri “Rock’n’Blog” e “Promuovi te stesso”. Per quanto concerne il personal branding aziendale, ti consiglio di leggere “Personal branding per l’azienda: Valorizzare l’azienda posizionando le sue persone chiave” di Luigi Centenaro e Silvia Zanella. Infine, in collaborazione con Audible, Riccardo Scandellari ha realizzato dei Podcast sul marketing. Quello che ti consiglio di ascoltare è “Brand You. Comunicazione e reputazione digitale” che approfondisce naturalmente le strategie di personal branding. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo User experience cos’è Chiamata anche esperienza utente, la UX User Experience è la qualità dell’esperienza globale che una persona sperimenta quando usa un servizio o un prodotto fisico o digitale. Spesso è un termine associato alla navigazione di un sito web. Visto che il concetto ha a che fare con le percezioni e le sensazioni provate dagli utenti, per estensione mi piace parlare di user experience anche quando ci si riferisce al podcast. Io la definisco esperienza di ascolto, ed è un termine che uso per descrivere le emozioni che gli ascoltatori vivranno durante l’ascolto del podcast. Con questa definizione non mi riferisco alla Overall Listening Experience (OLE) che invece è una misura di valutazione specifica dell’audio, che mira a includere tutti i possibili fattori che possono influenzare il piacere dell’utente durante l’ascolto (dalla qualità audio ai metodi di riproduzione, tanto per citarne alcuni). E non mi riferisco neppure all’esperienza di utilizzo delle piattaforme di ascolto podcast, come Apple Podcast, Amazon Music, Spotify, Google Podcasts, Spreaker ecc. Sulla loro modalità di fruizione non possiamo intervenire e dunque di fatto non è sotto il nostro controllo. Con esperienza di ascolto faccio riferimento a tutte quelle componenti del podcast che possiamo controllare e che rendono piacevole il momento dell’ascolto e che includono: qualità del contenuto qualità dell’audio facilità di interazione. Ciò che voglio fare in questo articolo è aiutarti a capire cosa puoi fare tu per rendere l’esperienza di ascolto del tuo podcast ancora più piacevole per il tuo pubblico.  Perché l’esperienza di ascolto è importante Come abbiamo detto, la user experience rappresenta il grado di soddisfazione di un utente dopo aver navigato su un sito web o in generale dopo aver interagito con un prodotto digitale. La finalità è quella di rendere più fluida e piacevole possibile l’esperienza complessiva dell’utente affinché si raggiungano due obiettivi: aumentare le conversioni fidelizzare gli utenti in modo che tornino da noi in futuro. È un parametro talmente importante che Google lo ha introdotto tra i fattori di ranking e per misurarlo usa delle metriche ben precise, come ad esempio il tempo di permanenza sul sito, la frequenza di rimbalzo e la percentuale di clic dai motori di ricerca.  La user experience mira a rendere più fluida e piacevole l’esperienza complessiva dell’utente per raggiungere due obiettivi: aumentare le conversioni fidelizzare gli utenti in modo che tornino da noi in futuro. Allo stesso modo, quando un ascoltatore vive un’esperienza di ascolto podcast piacevole è più propenso ad ascoltare fino in fondo e a continuare ad ascoltare altri contenuti.  Dunque non è un aspetto di poca importanza.  Tanto più considerando il fatto che Il pubblico oggi è molto più attento di qualche anno fa a ciò che ascolta. Non siamo più agli albori del podcasting quando bastava mettersi al microfono, improvvisare qualcosa e magari avere anche dei discreti risultati.  Con l’ingresso nel mercato di aziende e realtà più o meno grandi, il numero delle produzioni podcast è aumentato ed è aumentata anche la qualità sia dei contenuti che dell’audio. L’utente non si accontenta più. Cerca qualcosa di gradevole da ascoltare, che lo faccia emozionare e non lo disturbi dal punto di vista uditivo. Migliorare l’esperienza di ascolto, dunque, non è più un’opzione, ma una necessità, se vuoi combattere la guerra dell’attenzione ad armi quanto più possibile pari. Cosa puoi fare per migliorarla? Eccoti una check-list di punti su cui agire. La Check-list per migliorare l’esperienza di ascolto Se hai già un podcast, prova ad analizzare il tuo contenuto alla luce di questi 9 punti e valuta su quale aspetto hai bisogno di migliorare. 1. C’è un filo conduttore? Di cosa parla il tuo podcast? Il messaggio di fondo è chiaro ed sempre coerente in tutto il tuo progetto oppure spazi tra argomenti tra i più disparati senza una logica comune? Avere un unico filo conduttore non significa dover parlare sempre e solo di un unico argomento. Significa dare un senso chiaro e definito agli argomenti di cui parliamo in modo da poterli racchiudere sotto un comune denominatore. Se questo aspetto non è chiaro per te, non lo sarà nemmeno per i tuoi ascoltatori. 2. C’è coerenza tra Value Proposition, titolo e contenuto? Di Value Proposition ne ho già parlato in un altro articolo. È uno dei pilastri di un buon progetto editoriale. Definire e dichiarare la proposta di valore serve a te podcaster per mantenere la rotta lungo tutto lo sviluppo del contenuto, e aiuta il tuo pubblico a seguire il fil-rouge che lega insieme le varie puntate. Per cui, quando prepari un episodio chiediti sempre: questo contenuto in che modo risponde alla value proposition? Il contenuto è coerente con questa dichiarazione? Il titolo, per definizione è la sintesi estrema di questa dichiarazione e deve trasmetterla in modo chiaro. Value Proposition: il primo passo per creare un podcast efficace Leggi tutto 3. Stai rispettando le aspettative del pubblico? Questo punto richiama il precedente ma amplia ancora di più il concetto. Quando dichiariamo la value proposition, facciamo una promessa all’ascoltatore. Il pubblico si aspetta di trovare contenuti in linea con quanto dichiarato, sia per contenuto, sia per target. Se dico che mi rivolgo al pubblico generalista non posso poi usare un linguaggio troppo tecnico che nessuno comprende se non gli addetti ai lavori. Quando le aspettative sono disattese, perdiamo ascoltatori. 4. Com’è strutturato il tuo piano editoriale? A prescindere dal format e dal concept che hai scelto di adottare per il tuo podcast, l’intero piano editoriale deve essere pensato per accompagnare l’ascoltatore in un viaggio virtuale all’interno del tuo mondo. Non puoi pensare di iniziare con argomenti complessi senza prima aver preparato il terreno e introdotto concetti di base. Struttura il piano editoriale come se fosse un funnel: crea consapevolezza, educa e nutri il tuo pubblico gradualmente. 5. Com’è strutturata la tua puntata tipo? Gli ascoltatori sono ciechi per definizione. Non possono vedere il percorso che hai preparato per loro, ma puoi aiutarli ad immaginarlo. Lo fai creando contesti sonori e schemi ricorrenti che guidano l’ascoltatore e lo aiutano ad orientarsi all’interno delle tue puntate podcast. Qual è il tuo schema interno? Format podcast: cosa sapere per prepararlo Leggi tutto 6. Titoli e descrizioni sono chiari ed esaustivi? Questo è un argomento che richiama le aspettative e la coerenza dei contenuti. Titoli clickbait e descrizioni delle puntate che disattendono il reale contenuto del podcast non aiutano a fidelizzare il pubblico. Puoi fregarlo una volta, ma poi non ci casca più.  7. Quanto è facile interagire con te? Si dice che il podcast sia una comunicazione a senso unico. In realtà questo è vero fino a un certo punto. Se inseriamo Call to Action chiare e semplici da ricordare, rendiamo più facile per l’utente contattarci. DON’T MAKE ME THINK (non farmi pensare) è il concetto di fondo della User Experience. Voglio trovare subito ciò che cerco e nel modo più semplice possibile. Questo significa che oltre a dirle a voce, bisogna inserire le CTA nelle descrizioni degli episodi, con tutti i riferimenti diretti per entrare in contatto con noi. Chi ascolta non sempre può prendere appunti e di sicuro non può ricordare a lungo tutti gli indirizzi email o i contatti social che diciamo. Aiutiamo il pubblico a raggiungerci con dei link in descrizione. 8. Com’è la tua performance al microfono? Ci ho dedicato un intero articolo a questo punto. Anche se non siamo professionisti della comunicazione orale, ci sono delle regole che è bene rispettare per far sì che l’esperienza di ascolto sia piacevole. Il valore del contenuto si esalta quando c’è una buona performance al microfono. Sto parlando di: ritmo, tono e modulazione della voce enfasi e punti principali messi in risalto uso corretto delle pause esposizione chiara e logica dei contenuti. Aircheck podcast: come migliorare la performance al microfono Leggi tutto 9. Com’è la tua qualità audio? Chi pensa che sia sufficiente fare un buon contenuto per coinvolgere gli ascoltatori tralasciando di fatto la qualità audio, si sbaglia. La qualità del suono è importante tanto quanto quella del contenuto. Solo che per mancanza di conoscenze, competenze, tempo e risorse, a volte si sacrifica.  Fatto è meglio che perfetto si dice, e io sono d’accordo, se l’alternativa è non fare nulla. Ma fino a un certo punto.  Un minimo di attenzione alla qualità audio è, non solo opportuna, ma necessaria per rendere gradevole l’ascolto e non costringere il pubblico a sorbirsi un suono disturbato e fastidioso. A lungo andare le persone si stancano e abbandonano. Per cui mi spiace deluderti, ma la qualità dell’audio fa la differenza. La user experience del podcast contempla le emozioni che il pubblico vive durante l’ascolto. Se il sound è sporco, confuso e crea frizioni, le emozioni saranno tutt’altro che positive.  Non serve spendere tanti soldi in attrezzatura sofisticata per fare la differenza, a volte basta saper usare gli strumenti nel modo giusto per migliorare il risultato. Perciò, se il podcast è uno strumento a supporto del tuo brand, fai attenzione alla qualità dell’esperienza di ascolto che offri al tuo pubblico. La voce è il nostro biglietto da visita, e al pari di un sito web, di un logo, di un feed sui social parla di noi e del nostro brand.  Se vuoi sfruttare al meglio questo strumento per fare marketing e vuoi fare un level up del podcast, contattami e valuteremo insieme come migliorare la user experience del tuo podcast. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Fino a pochi anni fa non sapevo neppure cosa fosse. Oggi non potrei farne a meno. Mi sono resa conto che, anche se è un fenomeno in crescita, non sono molte le persone che sanno davvero rispondere alla domanda cos’è un podcast. Prima dell’arrivo di internet non esisteva questa tecnologia, mentre oggi si sta creando un ecosistema che vede molti player coinvolti. Pertanto, inizia ad esserci la necessità di fare chiarezza e dare al podcast un significato, raccontarne la storia e lo sviluppo. Te ne parlo in questo articolo. Cos’è un podcast: la definizione Partiamo dal significato di podcast. Il termine podcast nasce nel 2004 dal connubio di due parole iPod — che significa letteralmente “baccello” o “capsula” — e Broadcast — che indica la diffusione massiva di una trasmissione radio—. È il giornalista del “Guardian” Ben Hammersley ad usarlo per la prima volta in un articolo dedicato all’evoluzione dell’ascolto on demand delle trasmissioni radio in seguito all’introduzione sul mercato del lettore mp3 di Apple. Lo sviluppo della tecnologia RSS (Really Simple Syindication), uno dei formati di distribuzione più popolari di contenuti tramite web, insieme al nuovo dispositivo iPod danno vita alla diffusione di un nuovo format di contenuti audio. Da qui si comprende quanto Apple sia stata determinante nello sviluppo dei podcast. È infatti la prima a crearne una sezione dedicata all’interno di iTunes. Feed RSS: definisce una struttura adatta a contenere un insieme di notizie, ciascuna delle quali sarà composta da vari campi (nome autore, titolo, testo, riassunto, …). Quando si pubblicano delle notizie in formato RSS, la struttura viene aggiornata con i nuovi dati; visto che il formato è predefinito, un qualunque lettore RSS potrà presentare in una maniera omogenea notizie provenienti dalle fonti più diverse. – Fonte Wikipedia Questo però non spiega cos’è un podcast. Per darne una definizione di podcast più completa possiamo dire che è un contenuto audio inedito nativo fruibile via internet tramite un computer o un dispositivo mp3. Per contro possiamo dire cosa non è un podcast: una trasmissione radio in differita, in quanto non sarebbe inedita;la trasformazione in audio di un video, perché non è nativa;un audiolibro, perché il contenuto nasce con uno scopo diverso. Le caratteristiche del podcast possiamo riassumerle così: asincrono: la produzione e l’ascolto dell’audio avviene in momenti diversi, quindi non come succede con la radio.Offline: l’audio è scaricabile sui propri dispositivi e fruibili in altri momentiOn demand: è l’ascoltatore che decide quando ascoltare e riascoltare il contenuto La storia del podcast Dopo averti spiegato cos’è un podcast, voglio fare un accenno alla sua storia che, se pur molto recente, è di per sé interessante e contrassegnata da momenti decisivi. Agli inizi degli anni 2000, in seguito alle due grandi innovazioni tecnologiche, iPod e feed RSS, sono soprattutto le emittenti radiofoniche a mettere online alcuni programmi del palinsesto per l’ascolto in differita. Accanto a queste repliche, compaiono poi i primi esperimenti di produzioni editoriali per lo più giornalistiche che dimostrano un primo interesse del pubblico verso contenuti on demand. La vera svolta è nel 2014 con l’uscita di Serial, una serie podcast true crime che racconta un fatto di cronaca avvenuto negli Stati Uniti nel 1999. Il racconto a episodi, sapientemente realizzato con un mix di voci, suoni, musiche e racconti, ottiene un riscontro tale da riaccendere l’attenzione sul questo nuovo mezzo, il podcast. Dagli USA arriviamo in Italia con un fenomeno simile. Nel 2017 esce Veleno, l’inchiesta giornalistica in formato audio prodotta da La Repubblica incentrata su un fatto di cronaca vera italiana. Le puntate sono così accattivanti da innescare quel bulimico desiderio di ascoltare immediatamente i successivi, tipico delle serie TV. Questa è infatti la prima serie podcast in italiano a creare un boom di ascolti e lanciare il fenomeno nel nostro Paese, se pur ancora limitata per lo più agli utilizzatori Apple. Ci pensa Spotify nel 2018 a contribuire ad allargare il mercato degli ascolti per gli utenti Android. Dopo l’acquisizione di Gimlet Media e Parcast si inserisce di fatto come player in un mercato in forte espansione. Il podcast però non è mai stato così popolare come negli ultimi mesi. Le statistiche rese note da Voxnest a fine 2019 già dimostravano un forte incremento degli ascolti in Italia rispetto ai precedenti 12 mesi ma il trend è continuato a crescere a doppia cifra nel 2020 con un +15% rispetto al 2019 (fonte Nielsen). Come ascoltare podcast La prima cosa che consiglio a chi vuole iniziare a fare podcast è essere ascoltatori. Sembra una cosa scontata, ma non lo è. Ascoltare podcast ti aiuta a conoscere lo strumento, capire cosa funziona e cosa no. Come si ascolta un podcast? È molto semplice: ti bastano uno smartphone e un paio di cuffie. Questo è il modo migliore per fruirne quando e dove vuoi. Le piattaforme di raccolta e distribuzione accolgono i feed RSS caricati dai creator e rendono disponibile il contenuto audio per l’ascolto. Ora che sai cos’è un podcast, anche il funzionamento non avrà segreti. Sui dispositivi IOS è presente in modo nativo l’applicazione Apple Podcast dai cui è possibile accedere ai contenuti gratuiti selezionando il nome del podcast o la categoria, ascoltarli online oppure scaricarli per fruirne offline. Per seguire gli aggiornamenti puoi iscriverti alla serie preferita, ma solo quest’app consente di recensirne il contenuto. Su Android è Spotify che fa da piattaforma principale di ascolto. Puoi cercare il podcast dallo stesso motore di ricerca della musica e inserirlo in una playlist insieme ai tuoi artisti preferiti. Anche qui la funzione “follow” ti consente di ricevere le novità pubblicate dai podcaster. Tra i player gratuiti si sta posizionando anche Google Podcasts con un’app dedicata per l’ascolto, ma esistono molte altre piattaforme minori di distribuzione di podcast con un catalogo simile. La differenza la fanno i contenuti creati in esclusiva per la piattaforma di riferimento, un po’ come fanno Netflix o Amazon Prime Video per la TV. Le piattaforme di ascolto non sono le uniche fonti per ascoltare podcast. Grazie alla vocal search puoi chiedere agli smart speaker di farti ascoltare il tuo podcast preferito. Ti basterà lanciare il comando di azione del tuo dispositivo per attivare la riproduzione degli episodi. Non tutti i contenuti podcast però sono gratuiti. Esistono realtà come Audible o Storytel che prevedono un accesso su abbonamento per l’ascolto. La modalità garantisce contenuti di alto livello ed esclusivi.Ciò non toglie che moltissime produzioni di qualità, professionali e non, siano disponibili gratuitamente. A te la scelta e la voglia di scoprirne. Conclusioni Le nuove tecnologie hanno dato la possibilità di ascoltare podcast on demand e in mobilità sui propri dispositivi personali: questa è la chiave di successo di questo media. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Il topic cluster è una tecnica usata in ambito SEO (Search Engine Optimization) per organizzare i contenuti di un sito web e ottimizzarli per i motori di ricerca. Se hai un blog è probabile che tu abbia sentito parlare di questo metodo. Quello che forse non sai è che puoi applicare questa tecnica SEO anche nel tuo podcast, con i dovuti accorgimenti. Di SEO e Podcast ne abbiamo già parlato ampiamente sia in questo blog che in due episodi del mio podcast, precisamente nell’episodio 27 in un’intervista a Luisella Curcio, Consulente SEO e Podcaster, e nell’episodio 28 quando ho parlato di ottimizzazione dei contenuti. Se non li hai ancora ascoltati ti consiglio di recuperarli così avrai una panoramica più completa dell’argomento. In questo articolo ci concentreremo su come organizzare e ottimizzare i contenuti del tuo podcast, usando una tecnica efficace chiamata Topic Cluster Model, utile soprattutto a chi ha un podcast divulgativo e continuativo che tratta argomenti attinenti al proprio business. Cos’è il Topic Cluster Model Come ho scritto all’inizio, il Topic Cluster Model è una tecnica molto usata in ambito SEO perché  ti permette di classificare gli argomenti del tuo sito in modo da creare una struttura gerarchica di contenuti facilmente navigabile e intuitiva sia per il lettore che per i motori di ricerca. È un modello che riguarda quindi in modo specifico i siti web. Quello che però ho compreso e analizzato lavorando su diversi progetti è che questa tecnica si può adattare anche alla creazione dei piani editoriali del podcast, migliorando sia il suo posizionamento sui motori di ricerca che la fruizione dei contenuti da parte degli ascoltatori. Per spiegarti meglio come puoi usare questa tecnica nel podcast faccio prima una breve spiegazione del modello applicato a un sito web e poi analogamente trasferiamo questo metodo nel podcast. Il modello si compone di 3 elementi fondamentali: Le pillar page I cluster content I link interni. SEO e Podcast: gli impatti sul posizionamento online Leggi tutto Le pillar page, chiamate anche pagine pilastro, sono contenuti che trattano in modo ampio e generale un argomento centrale del tuo sito web. Danno quindi una panoramica completa dell’argomento. Sono pagine o post blog piuttosto articolati e lunghi che fungono da base per altri articoli correlati più approfonditi. I cluster content sono proprio gli articoli correlati alla pillar page che approfondiscono ed entrano più nel dettaglio dell’argomento. Di solito questi contenuti rispondono a chiavi di ricerca a coda lunga, cioè più specifici rispetto a una keyword generica. I link interni, lo dice la parola stessa, sono tutti i collegamenti tra pagine pillar e cluster article che si inseriscono all’interno dei testi per dare all’utente la possibilità di ampliare la conoscenza su un argomento di interesse. In un sito web possono esserci quindi un numero definito di pillar page che trattano gli argomenti centrali del tuo business e poi una serie di articoli cluster che approfondiscono questi temi. La tecnica Topic Cluster applicata al podcast Ora, se volessimo trasferire questo metodo nell’ottimizzazione dei contenuti di un podcast, la logica è pressoché la stessa. Si tratterà di creare degli episodi pilastro, degli episodi cluster di approfondimento a quello principale e poi tutta una serie di rimandi e collegamenti che aiutano l’ascoltatore a recuperare facilmente altre informazioni correlate allo stesso argomento. Certo, questa è una tecnica che non si può applicare a tutti i tipi di podcast, perché se stai creando ad esempio un genere narrativo, questa tecnica ha poco senso. Però è molto utile se invece stai creando o vorresti creare un podcast divulgativo con contenuti informativi o educativi. Di solito, quando facciamo content marketing, e quindi Podcast Marketing, in qualunque settore si operi, ci sono sempre 4 o 5 argomenti chiave su cui si basa la nostra comunicazione. Questi sono i nostri pillar, cioè i contenuti fondamentali che definiscono la struttura portante del nostro messaggio. Da questi derivano contenuti più specifici che entrano in profondità e ampliano gli argomenti. Immagina una struttura ad albero, in cui il tronco è il messaggio principale del tuo podcast, da esso si estendono 5 o 6 rami grossi che sono i tuoi argomenti fondamentali che si ramificano a loro volta in cluster topic. Esempio di Topic Cluster per podcast Se vogliamo fare un esempio pratico, la puntata sviluppata su questo articolo e che puoi ascoltare nel player in alto è l’episodio cluster della puntata pillar n. 27 su SEO e Podcast dove io e Luisella parliamo in modo completo ma non approfondito di tutte le implicazioni della SEO nel Podcast e viceversa. Nella puntata 28 ho invece approfondito l’argomento sull’ottimizzazione dei contenuti e nella puntata 30 ti parlo della struttura del piano editoriale in ottica SEO. Affronto dunque il tema in modo molto più dettagliato, cosa che non avrei potuto fare nell’episodio 27: sarebbe stato lunghissimo e forse poco utile. Allo stesso tempo, citandoti i vari episodi ad esso collegati, ho creato dei link interni, ovvero dei rimandi ad altri episodi. Li potrai ascoltare per avere una panoramica più ampia e dettagliata dell’argomento SEO e Podcast. I link veri e propri, li puoi inserire nella descrizione dell’episodio. In modo l’ascoltatore avrà tutti gli strumenti necessari per accedere alle informazioni che gli servono. Crea una content strategy Diciamo che a livello organizzativo è tutto sommato un’attività piuttosto semplice. Ciò che in realtà presuppone l’adozione del Topic Cluster Model è un’accurata pianificazione delle parole chiave e dei contenuti, nonché la creazione di una struttura di navigazione logica per il cluster.  In pratica ti serve una strategia, meglio ancora se fatta insieme a un consulente SEO. Tuttavia, se vuoi cominciare a strutturare i tuoi contenuti già in questa ottica organizzativa posso darti alcuni suggerimenti per partire. Per prima cosa mappa 5 o 10 problemi macro che riscontra la tua audience. Se hai già una tua attività di business saprai già quali sono i bisogni principali del tuo target. Puoi partire da quelli. Questa se vuoi è la fase più delicata perché richiede una visione strategica del tuo business e una conoscenza approfondita delle tue buyer personas. Il secondo step è quello di classificare ciascun bisogno in macro argomento. Dopo di che, fai una ricerca di parole chiave per ciascun argomento. Tira fuori le keyword correlate, in modo che i tuoi contenuti rispondano a intenti di ricerca specifici e a coda lunga. Infine mappa tutti i contenuti correlati che possono derivare da ciascun argomento principale. Crea una struttura di sotto-temi che puoi sviluppare per approfondire i vari argomenti. Per fare questa attività può esserti utile usare una mappa mentale, in modo da avere uno schema grafico immediato. Successivamente, però, ti consiglio di usare un foglio excel per strutturare tutti i contenuti. Così avrai una visione chiara e definita degli episodi pillar, dei relativi episodi cluster e dei vari link interni tra di essi.  Ammetto che inizialmente può essere un lavoro complesso. Ma ti assicuro che farlo in fase di progettazione di un podcast ti aiuta ad avere una visione più chiara di tutto il tuo progetto. Avrai meno difficoltà a creare contenuti nel tempo perché il grosso del lavoro sarà già fatto a monte. Inoltre fare una content strategy di questo tipo ti aiuta anche a comunicare meglio i tuoi contenuti sui vari canali e, se hai già un tuo sito, portare questa struttura nel tuo blog. Ribadisco però che il supporto di un consulente SEO a tal proposito è la scelta migliore da fare. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo La comunicazione non è fatta solo di parole. È fatta anche di linguaggio del corpo, di espressioni facciali e di tanti altri segnali non verbali che comunicano il nostro stato d’animo e le intenzioni. Il tono della voce è tra questi e può avere un impatto enorme su chi ci ascolta al pari di ciò che si dice. Uno stesso contenuto può comunicare agli ascoltatori del podcast cose diverse a seconda del tono della voce usato. Possiamo risultare rassicuranti, amichevoli, provocatori, istituzionali, professionali o ironici. Questa componente, insieme a ritmo, volume, intensità e intenzione, influenza il tipo di rapporto con il nostro pubblico.  Quale tono della voce è meglio usare quando si fa podcast? Eh sì perché spesso succede che ci preoccupiamo tanto della qualità dei contenuti e della qualità dell’audio (come è giusto che sia, ovviamente!), ma poi non pensiamo che il modo in cui esprimiamo quegli stessi contenuti è altrettanto importante. Cosa rivela di noi il tono della voce Il tono della voce rivela di noi molto più di quello che rivelano le nostre parole. Se dicessimo “non sono affatto arrabbiata” ma dalla nostra voce trapela irritazione, rigidità e distanza, nessuno crederebbe alle tue parole. La voce è un importante mezzo di comunicazione e di espressione. E, almeno nella nostra cultura occidentale, La voce esprime e trasmette le nostre emozioni attraverso mille sfumature; riesce a comunicare gioia, tristezza, paura, collera, disprezzo, tenerezza, indipendentemente dal significato delle parole. Questo vuol dire che fa trapelare le nostre intenzioni, i nostri stati d’animo e la personalità. La voce è uno strumento identitario, che quasi ci mette a nudo e mostra agli altri chi siamo.Ecco perché il podcast è considerato un media più autentico, in grado di stabilire più connessione con gli altri, nonostante sia quasi del tutto uni direzionale.  Ecco, il tono di voce influisce sulla percezione che gli altri hanno di noi. Ci identifica. Il che non significa che noi siamo davvero solo quella roba lì. Ma in un contenuto audio, dove la voce è lo strumento principale che usiamo per comunicare, il tono della voce significa moltissimo. User experience e podcast: checklist per migliorare l’esperienza di ascolto Leggi tutto Gli effetti del tono della voce nella comunicazione audio Il modo in cui parliamo, oltre a quello che diciamo, influisce sulla percezione che gli altri hanno su di noi e può attrarre, respingere, stimolare azioni o lasciare indifferenti.  Non possiamo piacere a tutti, e questo lo abbiamo detto più volte anche in altre puntate. E non è nemmeno questo l’obiettivo. Ma come per tutta la comunicazione, a noi interessa attrarre le persone giuste per il nostro brand e il nostro business.  Il tono di voce che usiamo dunque deve poterci aiutare a raggiungere questo risultato. Come? Ecco 3 fattori su cui il tono della voce influisce nella comunicazione di brand: Posizionamento Riconoscibilità Performance Intenzione e posizionamento Il primo è lavorare sulla nostra presenza al microfono, sulla personalità. Come vogliamo essere percepiti dagli altri? Un amicone, un compagno di viaggi, un punto di riferimento nel settore, una persona assertiva, oppure una presenza neutra?  Questo è un concetto importante perché il posizionamento è fortemente influenzato dal modo in cui comunichiamo. Solo che a volte noi crediamo di comunicare un certo tipo di posizionamento ma il percepito è diverso.  Ascoltiamoci e chiediamo a qualcuno di ascoltarci e restituirci un feedback al riguardo. Può essere utilissimo per misurare l’eventuale gap tra la nostra intenzione e la percezione reale. Autenticità e riconoscibilità Non commettiamo l’errore di replicare la personalità al microfono di qualcun altro. Per almeno due semplici ragioni: non riusciremo a mantenere a lungo questa pantomima non risulteremo riconoscibili e autentici nei confronti del pubblico.  Le persone non sono stupide, se ci seguono in altri contesti comunicativi, sanno qual è il nostro modo di comunicare, ci conoscono. E se risultiamo diversi al microfono, non saremo riconoscibili e si creerebbe quella distanza che farà sembrare il tutto una finzione.  È invece importantissimo mantenere la propria identità, il proprio stile comunicativo e, forse è il caso di dirlo, essere coerenti anche con il proprio tone of voice. Creerà sicuramente un legame più duraturo e autentico con i nostri ascoltatori e saremo coerenti in tutta la nostra comunicazione. Aircheck podcast: come migliorare la performance al microfono Leggi tutto Equilibrio tra performance e personalità Essere se stessi sempre ma con la consapevolezza che stiamo parlando a un microfono e a un pubblico, per cui la qualità della performance non può essere la stessa di quando parliamo al bar con i nostri amici. È importante metterci l’energia giusta. Usare un tono della voce energico, sorridente, che trasmette sensazioni positive e renda la nostra performance piacevole. Sulla qualità della performance al microfono ne ho già parlato ampiamente, e ti rimando a quei contenuti per approfondire meglio l’argomento.  Quello che però bene sempre ricordare che l’equilibrio tra performance e personalità è ciò che premia sempre. Come podcaster non è richiesto essere attori o doppiatori, né tanto meno speaker radiofonici, ma espressivi e coinvolgenti sì. E anche in questo caso il riascolto è essenziale per misurare la performance. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Ci sono dei casi in cui è meglio per te non creare un podcast? La risposta è sì, e tra poco li vedremo insieme. Forse questa dichiarazione può sembrarti strana visto che come Podcast Coach aiuto le persone a creare un loro progetto audio. Ma sono anche dell’idea che, come ogni cosa, vada approcciato con la giusta predisposizione e le giuste motivazioni. Il rischio altrimenti è creare un prodotto che non porta valore né a te né al tuo pubblico, e quindi non ascolterebbe nessuno. Per cui, se sei nella fase in cui alla parola podcast ti brillano gli occhi e non vedi l’ora di partire in quarta, è mio dovere farti prima riflettere su alcune errate motivazioni che potrebbero spingerti verso una decisione sbagliata. Perché proprio un podcast? La primissima domanda che faccio a chi vuole cominciare un percorso con me è questa: perché hai deciso di creare proprio un podcast e non usare altri mezzi di comunicazione? Non tutti se la pongono e non tutti hanno la risposta pronta. Altre volte le idee sono chiare, ma le risposte suggeriscono che forse è meglio dedicare tempo e denaro a creare qualcosa di diverso che non sia il podcast. Vediamo insieme in quali casi è meglio non creare un podcast. Voglio fare podcast per diventare popolare? Molti podcaster che conosco in effetti sono diventati popolari proprio grazie al loro show. Puntata dopo puntata hanno saputo conquistare il pubblico ed entrare letteralmente nella quotidianità delle persone. Ed è proprio questo il punto: se hanno avuto successo con il loro podcast è perché sono riusciti a creare un prodotto di valore che il pubblico ha apprezzato. La popolarità è arrivata dopo, non è stata la leva scatenante. Anzi, molti di questi podcaster neanche si aspettavano un simile successo. Dunque se pensi di fare un podcast per soddisfare esclusivamente il tuo ego, beh potresti restare deluso. Sono pochi i podcast che raggiungono vette di ascolti tali da rendere famosi i podcaster. E in ogni caso c’è sempre dietro un gran lavoro di contenuti. Competenze chiave per fare un podcast Leggi tutto Lo faccio perché lo fan tutti? Il podcasting è un mercato in forte espansione, aumentano gli ascoltatori e aumentano le produzioni. Aziende, privati, liberi professionisti e istituzioni si sono lanciati nel meraviglioso mondo dell’audio per divulgare contenuti. Il fatto che i grandi player del mercato (Spotify, Amazon, YouTube, per citarne alcuni) stiano investendo nel podcast indica che la domanda c’è. Benissimo. Creare un podcast in un mercato in crescita è utile per ritagliarsi un proprio posizionamento e presidiare nuove piattaforme. Ma se non hai una buona idea da condividere o contenuti utili per il tuo pubblico, cavalcare l’onda tanto per esserne parte non ti porterà alcun successo. Meglio ponderare la cosa e aspettare di buttar fuori l’idea giusta che il pubblico apprezzerà. Credo che il podcast sia un modo per fare soldi? La monetizzazione è un aspetto interessante del podcasting. Tuttavia, pochi sanno che guadagnare con il podcast è più difficile di quanto si pensi. Che si tratti di pubblicità dinamica, episodi sponsorizzati, crowdfounding, il punto è sempre uno: serve un pubblico per monetizzare. E il pubblico te lo crei con il tempo, la costanza e il valore che offri.  Se credi di fare soldi facili, dovrai ricrederti. Piuttosto, concentrati sul creare un podcast per divulgare la tua esperienza, i tuoi valori e contenuti utili agli ascoltatori. Il resto arriverà. Lo faccio per vendere i miei prodotti e servizi? Il podcast marketing è un ottimo modo per promuovere il proprio business, ma non è uno spot pubblicitario. Sebbene un messaggio commerciale indiretto possa starci, l’effetto televendita è completamente fuori luogo.  Le persone non sono interessate ad ascoltare per 10, 20 o 30 minuti un messaggio di vendita diretta. Vogliono imparare, intrattenersi, ricevere informazioni o formazione utile. Per l’advertising ci sono strumenti e contesti più idonei del podcast.  Come si attiva il processo di acquisto con il podcast Leggi tutto La mia target audience ascolterebbe un podcast? Converrai con me che il vero protagonista del podcast è il pubblico. Per cui, se per ragioni demografiche l’audience a cui ti rivolgi è ben lontana dall’uso della tecnologia audio, beh forse è meglio pensare a qualche altro canale di comunicazione.  Per esempio, i dati divulgati da Ipsos nell’ottobre 2021 nella sua Digital Audio Survey sul profilo degli ascoltatori dimostrano che il 44% è under 35. Questo potrebbe farti capire che un pubblico in là con l’età potrebbe preferire strumenti più tradizionali del podcast per fruire di contenuti. Ipsos, Digital Audio Survey 2021 Quando ha senso creare un podcast? Creare podcast è un lavoro che richiede impegno, energie e risorse. Se le tue motivazioni sono quelle di donare e condividere contenuti utili e di valore al tuo pubblico, allora sei sulla strada giusta. Diversamente, forse è meglio rivalutare le tue decisioni.  Pensa sempre che gli ascoltatori donano il loro tempo per ascoltarti, e il tempo è la risorsa più preziosa che possediamo. Usalo bene anche tu e non deludere le loro aspettative.  La soddisfazione più grande è ricevere feedback di apprezzamento e gratitudine per il valore che hai condiviso. Questo è ciò che io chiamo successo.  Dunque, tu perché vorresti fare un podcast? Contattami per fissare la tua call gratuita di 30′ e raccontami la tua idea di podcast. Sarò felice di accompagnarti in questa avventura. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Numero episodio nel titolo podcast: vale la pena inserirlo? Pur non essendoci una regola ferrea a tal proposito, la maggior parte delle volte non è un’informazione necessaria e non aggiunge valore al titolo.  Il titolo dell’episodio deve attrarre gli ascoltatori e comunicare subito l’argomento di cui si parlerà. Questo è lo scopo principale, ancor prima di leggere il numero della stagione o dell’episodio. I motivi per cui molti podcaster usano inserire il numero dell’episodio o della stagione è per orientare l’ascoltatore. In particolare quando si ha un podcast seriale in cui il contenuto ha un certo ordine cronologico, oppure in presenza di un podcast continuativo con numerose puntate. In quest’ultimo caso, qualora il podcaster durante lo show rimandi l’ascoltatore a contenuti presenti in determinate puntate, potrebbe essere più semplice identificarle con un numero episodio.  Tuttavia, a meno che non rientriamo in una di queste casistiche, l’inserimento del numero dell’episodio nel titolo potrebbe essere superfluo o addirittura controproducente. Specie se è la prima informazione che scriviamo. Il perché è presto detto: In ottica SEO, tutto ciò che è a sinistra ha più rilevanza per Google. Quindi se nel titolo c’è una parola chiave è sempre buona regola scriverla per prima. Ma se per prima cosa mettiamo il numero dell’episodio, ci stiamo giocando l’ottimizzazione. Nella maggior parte delle piattaforme, il numero dei caratteri visibili del titolo episodio sono limitati. Perciò sarebbe poco utile all’ascoltatore leggere una sfilza di numeri e simboli senza riuscire a leggere l’argomento della puntata. Infine, l’URL del vostro episodio è sempre bene che contenga solo le parole rilevanti della puntata, al pari di quello che si farebbe con un articolo blogo, senza l’indicazione del numero dell’episodio che non serve a nulla. Per concludere, se proprio desideri inserire il numero dell’episodi nel titolo, è una tua scelta, ma almeno inseriscilo alla fine del titolo stesso. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Sull’importanza di scegliere un titolo del podcast unico e originale, te ne ho già parlato in un altro articolo. Se sei nella fase di progettazione e hai già pensato a un nome podcast, prima di pubblicarlo ti suggerisco di assicurarti che sia effettivamente inedito e che non esista un podcast con un nome molto molto simile. Come fare la ricerca dei titoli podcast esistenti? Puoi usare diversi metodi: Ricerca su Google Ricerca sulle piattaforme audio Ricerca sull’aggregatore Podcast Index Il primo e più semplice è partire da una ricerca su Google. Inserisci nella tool bar il titolo che intendi usare, se vuoi accompagnalo dal termine “podcast”, e avvia la ricerca. Se esiste, è molto probabile che sia già stato indicizzato dal motore di ricerca e quindi ti comparirà nella SERP. Se è stato creato un sito web legato al podcast risulterà nella ricerca, così come compariranno anche tutti i link generati dalle piattaforme audio su cui è stato distribuito. Il secondo metodo è cercare per titolo direttamente nei motori di ricerca di ciascuna piattaforma audio di podcast. Ti consiglio di fare questa operazione su tutte le app più conosciute perché a seconda dell’hosting adottato, il podcast potrebbe non essere presente su tutte le piattaforme. Il terzo è cercare sul sito podcastindex.org, un aggregatore di tutti i podcast indicizzati esistenti in qualunque Paese, non solo in Italia. È piuttosto completo e il risultato attendibile. Ricerche correlate In ultima analisi ti consiglio di fare anche una ricerca per parole chiave correlate o per categoria di appartenenza. In questo modo puoi avere una panoramica più ampia anche di tutti i podcast che parlano dello stesso argomento e verificarne i titoli. Un nota: nel fare la ricerca su Google, verifica inoltre l’esistenza di altri progetti diversi dal podcast che però hanno lo stesso titolo che vuoi assegnare al tuo. Qualora esistessero, anche se la natura dell’argomento fosse diversa, ti consiglio di rivalutare la scelta. Questo perché il posizionamento sulla SERP potrebbe non essere così semplice per il tuo podcast e potrebbe ricondurre a un territorio semantico completamente diverso dal tuo e forse fuorviante. 7 regole per scegliere un titolo podcast efficace Leggi tutto Titolo podcast esempio ricerca Esempio concreto: Podcast per il business doveva chiamarsi originariamente in un altro modo. La ricerca del termine che volevo usare mi ha portato a scoprire un’associazione che si occupava di tutt’altro rispetto a quello di cui volevo parlare io.  Questo per me avrebbe rappresentato un problema, da una parte perché non volevo essere associata ai temi di cui si faceva portavoce quell’associazione, e poi ne avrebbe risentito il mio posizionamento.  La ricerca del titolo è una questione non solo creativa o di gusto personale, come spesso si crede. Significa anche analizzare il contesto e il mercato. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Per differenziarsi dalla concorrenza, oggi non è più sufficiente essere bravi nel proprio lavoro. Ormai, la qualità di un prodotto o di un servizio è praticamente la base per restare attivi sul mercato. I consumatori come me e te sono diventati molto più attenti di un tempo a ciò che acquistano e, a meno che tu non stia vendendo delle commodity, non è il prezzo a fare la differenza. Serve altro per distinguersi, qualcosa che ha più attinenza al come e al perché facciamo quello che facciamo, rispetto al solo cosa proponiamo. Su questo punto, il libro Partire dal perché di Simon Sinek parla chiaro, e se sei in cerca della tua proposta di valore ti consiglio di leggerlo. Avere una vision e una mission chiare, dunque, è il punto di partenza. Ma non finisce qui. Possiamo avere i valori più elevati, l’offerta migliore di questo mondo, l’elemento unico e originale che ci differenzia dagli altri, ma se nessuno sa che esistiamo, abbiamo un problema. Soprattutto se sei nella fase di avvio di una nuova attività, non puoi aspettare passivamente che siano gli altri a notare te e il tuo brand. Perché non esistiamo solo noi. La comunicazione è la linfa vitale di un business, piccolo o grande che sia. Senza di essa nessuno saprebbe cosa fai. Il fatto è che anche i tuoi competitor fanno la stessa cosa. Usano i canali di comunicazione per promuoversi e aumentare la propria visibilità. Dunque, cosa serve per distinguersi dalla concorrenza a livello comunicativo? È questo ciò di cui ti parlerò in questo articolo. Lo farò con la mia voce unita a quella di Elena Bizzotto, igienista dentale e podcaster, che ci racconterà come è riuscita a trovare il suo elemento differenziante e a trasformare la sua comunicazione e il suo business proprio grazie al podcast.  Intervista ad Elena Bizzotto Elena Bizzotto è la protagonista della prima intervista di Podcast per il Business. Igienista dentale, musicista, podcaster ed autrice di ben 4 podcast (spoiler: il quinto è in arrivo).  Ho avuto il piacere di intervistarla durante una chat vocale dell’Associazione Italiana Podcasting di cui è una delle fondatrici. “Elena, come sei arrivata al podcasting, considerando il tuo background e la tua professione, forse un po’ lontana da quelle tipicamente digitali?” “Sono arrivata al podcasting come una conseguenza naturale e inevitabile del mio background come musicista. L’audio è per me un canale preferenziale e io stessa ero (e sono) una grande ascoltatrice di podcast. All’inizio, mi sono avvicinata come utente, fino a diventare una podcast-addicted. I tragitti in macchina e tutti quei momenti “di fermo” per me sono utili per ascoltare i podcast.  Prima di raccontarmi, parto dal presupposto che amo moltissimo il mio lavoro e non volevo cambiarlo. Ho iniziato a lavorare come libera professionista senza avere minimamente la concezione di come dover affrontare il mio lavoro con la mentalità da imprenditrice.  Di fatto, sono entrata nel mondo della libera professione con la mentalità da dipendente dato che già a quell’epoca lavoravo anche 10 o 11 ore al giorno, sabati compresi. Ad un certo punto, mi sono resa conto che mi mancava quel mindset che, invece, dovrebbe appunto avere un imprenditore. In particolare, sentivo di non avere competenze legate agli strumenti, le conoscenze legate al mondo del business. Amando i podcast, è stato per me naturale scegliere questo canale per iniziare ad attingere a concetti e nozioni di marketing. Mano a mano è cresciuto in me il desiderio di creare qualcosa di mio e ho iniziato con un blog. Mi sono subito resa conto che nel mondo digitale, il sito era qualcosa di completamente mio su cui nessuno poteva mettere le mani o dire la sua. Era il mio luogo digitale.  Come il podcast mi ha aiutato a differenziarmi Nella realtà dei fatti, la scrittura non l’ho mai sentita come il mio strumento. Quindi è scattato in me qualcosa che mi ha portata a chiedermi “ma se io amo tantissimo ascoltare podcast e parlare con i miei pazienti, perché non iniziare a farlo?”. Spesso i miei pazienti mi dicevano “Dottoressa, questa cosa non me l’ha mai spiegata nessuno come ha fatto lei”.  Ecco, per spiegare le cose in ambito medico ci vuole del tempo. Nel mondo digitale però sappiamo che i social scorrono veloci ed i video devono essere di 20 secondi. Non si può parlare di concetti che richiedono del tempo per essere raccontati e spiegati, pensavo.  Ho sempre cercato di usare molto le metafore per semplificare e far immaginare i concetti. Ecco perché ho pensato che il podcast fosse perfetto! Èd è stato proprio il podcast a trasformarmi, piano piano, anche come professionista. Le mie colleghe erano allora presenti nel mondo digitale usavano tutte i canali social e lavorando molto col video. Io invece ho voluto differenziarmi dai competitor con il podcast. A dirla tutta, è stato proprio grazie a ciò, che il mio podcast è diventato un branded podcast: parlava di me come professionista… senza parlare di me.  Inoltre sono stata la prima igienista dentale ad usare il podcast come strumento di divulgazione e questo ha destato curiosità nel mio ambiente”. Raccontarsi in modo unico e personale “Elena, quali sono stati gli ostacoli che hai incontrato nell’attuare questa tua scelta comunicativa?” “I primi esperimenti li ho fatti a cavallo tra 2017 e 2018. Quando dicevo ai miei pazienti di avere un podcast, la loro reazione era di smarrimento. Perdevo più tempo a spiegare cosa fosse un podcast e a come ascoltarli, piuttosto che a spiegare loro l’argomento.  Ho cercato di facilitare questo aspetto, indirizzandoli al mio sito dove ogni puntata del podcast diveniva un articolo di blog, con al suo interno la versione audio da ascoltare.  “In riferimento ai tuoi obiettivi personali come ti ha aiutato il podcast a migliorarti come professionista?” È una grande opportunità di crescita personale. Assolutamente. Sarebbe riduttivo scegliere questa opzione solo in merito alla capacità di questo canale di differenziarci rispetto ai nostri competitor. Il fatto di dover raccontare, ingegnandomi su come farlo in maniera piacevole, mi ha reso ancora più brava. Inoltre, ho fatto un corso di aggiornamento come speaker, per acquisire più scioltezza e sicurezza nel parlare. Un qualcosa che mi è tornato utile naturalmente anche in tutti gli altri ambiti della mia figura professionale.  Quello che è successo è che, ad un certo punto, ti ritrovi a raccontare ciò che è la tua materia, nella tua maniera. Diventa unica e personale, ed è lì che ti differenzi rispetto agli altri colleghi. All’inizio spiegavo le cose diversamente ma non ne avevo consapevolezza. Fare podcast mi ha reso cosciente del fatto che la mia divulgazione è diversa da quella degli altri colleghi e delle altre colleghe.  Esattamente da questa consapevolezza incominci a capire quali sono i tuoi punti di forza quali quelli in cui puoi migliorare”. I nostri cambiamenti ci differenziano dagli altri “Che tipo di riscontro hai avuto in seguito alla scelta di usare il podcast nel tuo business?”. “Il primo cambiamento è stato quello di iniziare a dire consapevolmente – e con soddisfazione – anche dei bei “no”. Questa cosa mi ha fatto percepire diversamente come professionista.  Il secondo è che mi si sono aperte molte opportunità perché il mio obiettivo inizialmente era quello di diversificare il mio lavoro: entrare nel mondo della formazione;tenere delle lezioni all’università;insegnare ai master. Le mie entrate non provenivano più solo dal mio lavoro (ad ore) con il paziente ma da attività extra provenienti grazie al podcast”. “Quale consiglio daresti a chi oggi ha una libera professione e vorrebbe iniziare un podcast per fare marketing?”. “Iniziare subito! È fondamentale!  Oggi, a maggior ragione, non ci sono più scuse. Non bisogna neanche più impazzire per cercare tutorial, come ho fatto io. Soprattutto, se si svolge una professione in cui esiste già una componente di racconto – che sia anche solo raccontare il proprio mondo – vale la pena iniziare a farlo. È importante esserci, raccontare e farlo a modo proprio con la propria sensibilità, con la propria creatività”. “Elena, siamo arrivate all’ultima domanda di questa intervista: secondo te bisogna essere una grande azienda per usare il podcast per far crescere il proprio business?” Io credo assolutamente che un libero professionista possa trovare nella creazione di un podcast, uno strumento utilissimo. Basti pensare a quante volte rispondiamo, per esempio, alla domanda di un cliente. Magari questa stessa domanda ti viene posta spesso e ogni volta rispondi la stessa cosa.  I contenuti audio per seminare la concorrenza “Creare un contenuto audio che i clienti possono ascoltare, come se ti avessero lì, ti permette di ottimizzare lo sforzo. Se sei un libero o libera professionista puoi utilizzare il podcast per raccontare a tutti che lavori in maniera completamente diversa. Allora raccontiamoglielo! Usiamo la nostra voce che è uno strumento potentissimo per farci conoscere. La nostra voce è unica ed è senza dubbio un tratto che ci differenzia dalla nostra concorrenza. Dall’altra parte chi ti ascolta lo fa in maniera molto intensa. Quando mi mettevo le cuffie e ascoltavo per ore e ore questi podcast, mi sono sentita trasformata. Capivo il loro modo di lavorare, imparavo, entravo nel loro mondo di professionisti, sposavo i loro valori e il loro modo di affrontare il business.”  Tutti i riferimenti e i podcast di Elena Bizzotto li trovi sul suo sito. Conclusioni Per differenziarsi dalla concorrenza possiamo e dobbiamo lavorare su più fronti. Uno di questi è il modo in cui comunichiamo sul web e quali strumenti che usiamo per promuovere il nostro brand. Il podcast marketing si rivela una strategia vincente, specie se sei un libero o una libera professionista come Elena. A questo punto tocca a te decidere se vuoi stare un passo avanti alla concorrenza. Io posso aiutarti a creare la tua strategia di comunicazione audio che parli di te e del tuo brand. Iniziamo? Scrivimi all’indirizzo contattami@estermemeo.it e facciamo la differenza. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo Trovare la frequenza ideale di pubblicazione di un podcast è un gioco di equilibri. La decisione deve tenere conto di diversi fattori, tra cui: il tipo di contenuto il pubblico a cui si rivolge il tempo e le risorse necessarie per preparare il contenuto gli obiettivi di progetto che ti sei posto la tipologia di format podcast scelta la durata dei singoli episodi. Una delle leve che ti consiglio di tenere conto è l’impatto che la frequenza di pubblicazione può avere sull’engagement della tua target audience. La costanza è un elemento importantissimo per fidelizzare il pubblico e lo è anche il non deludere le aspettative.  Se per esempio diciamo ai nostri ascoltatori che uscirà una nuova puntata ogni settimana, ci stiamo prendendo un formale impegno verso di loro. Certo, nessuno ci verrà mai a rimproverare se disattendiamo queste aspettative, ma di sicuro sarà molto più difficile fidelizzare gli ascolti se non rispettiamo un calendario editoriale che noi stessi abbiamo dichiarato.  Il pubblico è il vero protagonista del podcast e senza pubblico non avrai ascolti, che sono una condizione necessaria per raggiungere i tuoi obiettivi. Ecco perché tra i fattori che ti ho citato all’inizio ci sono anche gli obiettivi.  Obiettivi di marketing e di podcast: perché è importante allinearli? Leggi tutto Oltre a questo ti suggerisco di valutare molto bene quanto tempo puoi dedicare alla preparazione di ciascuna puntata e di quanto può costarti produrla, in termini di impegno e di budget, se per esempio deleghi parte del lavoro di produzione. Per cui non esiste una regola fissa per stabilire la frequenza di pubblicazione di un podcast. Tutto va valutato in base al tipo di podcast che stai realizzando. E questa è una valutazione che va fatta già in fase di progettazione, non a produzione terminata. A tal proposito, ti sarà utile redigere il Podcast Model Canvas, uno schema sintetico in grado di darti una visione d’insieme immediata sugli effort necessari a realizzare un podcast e fare le scelte migliori rispetto alle tue esigenze e disponibilità. Puoi scaricare gratuitamente il Podcast Model Canvas a questo link. Cos’è il Podcast Model Canvas? Leggi tutto Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo L’Aircheck è una tecnica molto usata in ambito radiofonico da parte di speaker, direttori artistici e editori per valutare e migliorare la performance al microfono dei vari conduttori. È un metodo efficace che se svolto con regolarità dà i suoi frutti sulla crescita professionale degli speaker radiofonici. Ti parlo di Aircheck perché è uno strumento efficace applicabile anche al podcast oltre che alla radio. Se sei già un podcaster o sei alle tue prime esperienze e vuoi migliorare la tua esposizione al microfono, in questo articolo troverai spunti pratici per l’auto-apprendimento. Cos’è l’Aircheck L’aircheck consiste nel riascolto della propria performance al microfono. Questo è il metodo più semplice ed efficace per valutare gli aspetti positivi e negativi della tua esposizione orale. È una tecnica importantissima che ti permette di concentrarti sui dettagli e capire cosa va bene e cosa devi migliorare.  Più spesso la applicherai, più riuscirai ad affinare tutti quegli aspetti che impattano sul risultato finale che il tuo pubblico ascolterà. Che tu sia un podcaster in erba oppure già navigato, sei la prima persona che deve riascoltare le proprie puntate con un orecchio critico. È un’attività da fare in fase di post produzione (se te ne occupi tu), ma soprattutto dopo, a distanza di qualche qualche giorno o qualche settimana da che hai registrato la tua puntata. Lasciar scorrere un po’ di tempo, ti permetterà di essere più oggettivo e riuscirai a valutare meglio quei dettagli che magari al momento della registrazione non hai notato e che invece, come vedremo, possono fare la differenza. Questo non significa diventare perfezionisti. Significa sottoporsi a un’autocritica oggettiva per analizzare cosa si può migliorare per diventare podcaster migliori. Cosa significa fare una buona performance al microfono Partiamo dal significato di performance. Cosa intendiamo con questo termine? In linea generale la performance ha attinenza con la capacità di esecuzione di un’attività, con il suo rendimento. Spesso si parla di buona o mediocre performance a indicare i risultati che si sono ottenuti dallo svolgimento di una certa attività. Quando parliamo di podcast, in ultima analisi chi determina se abbiamo fatto una buona performance o una mediocre performance è il pubblico, che come dico sempre è il vero protagonista del podcast. Quando il pubblico gradisce i nostri contenuti, otteniamo riscontri, sotto forma di commenti, interazioni, condivisioni. Oppure, ancora meglio, conversioni se abbiamo creato un podcast come strumento di marketing e se lo abbiamo progettato con dei KPI chiari e definiti. Podcast Marketing: come creare la strategia giusta per il tuo business Leggi tutto Il numero degli ascolti è uno degli indicatori per misurare il livello di gradimento del pubblico, ma non è il più importante. Dunque, avere una buona performance al microfono significa due cose: riuscire a coinvolgere il pubblico e creare un prodotto gradevole all’ascolto In pratica, registrare un podcast che le persone non fanno fatica ad ascoltare, che non annoia, che non disturba dal punto di vista della qualità audio, che non spinga le persone a interrompere l’ascolto perché incomprensibile. Perché è importante valutare la propria performance orale Nella mia esperienza come podcaster professionista, ho incontrato due diversi approcci al podcasting: persone consapevoli dell’impatto che una buona performance ha sulla riuscita del proprio podcast, ma non conoscono gli strumenti per migliorarla; persone senza alcuna consapevolezza della qualità della propria performance al microfono, e soprattutto ignari del suo impatto sul pubblico e quindi sugli ascolti. In entrambi i casi, valutare la propria performance al microfono può fare la differenza sui risultati che puoi ottenere con il tuo podcast, sia in termini di gradimento del pubblico, sia in termini di conversioni, che di nuove opportunità. Il pubblico oggi è molto più attento di qualche anno fa a ciò che ascolta. Non siamo più agli albori del podcasting quando bastava davvero mettersi al microfono, improvvisare qualcosa per fare podcast e magari avere anche dei discreti risultati.  Oggi il numero delle produzioni podcast è aumentato, è aumentata la qualità sia dei contenuti che dell’audio, grazie all’ingresso nel mercato di aziende e realtà più o meno grandi. L’ascoltatore non si accontenta più di ascoltare e basta. Vuole vivere un’esperienza di ascolto piacevole. Il tempo non è una risorsa infinita. Se le persone devono scegliere cosa ascoltare, tra migliaia di proposte, a parità di tematica di interesse ascolteranno ciò che donerà loro l’experience più piacevole. Quindi oggi è molto più importante di qualche anno fa puntare a una buona performance. Serve ad aumentare il tuo indice di gradimento. Ora la domanda è: come fai a capire se stai facendo una buona performance al microfono? Riascoltandosi con metodo. Come applicare la tecnica dell’Aircheck nel podcast Affinché funzioni, il riascolto va fatto con uno spirito critico e mirato al miglioramento continuo. Niente manie di perfezionismo e niente superficialità. Altrimenti diventa contro produttivo. Prenditi il giusto tempo per riascoltarti in tranquillità, anche più di una volta se occorre, e concentrandoti via via su aspetti diversi. Ecco su quali punti soffermarsi: La qualità della tua comunicazione Valuta se la tua comunicazione risulta efficace. Hai trattato gli argomenti in modo logico? Il messaggio che volevi trasmettere risulta chiaro? Oppure è confusionario, pieno di incisi e digressioni che rendono complicato seguire il filo del discorso? È importante questo aspetto, soprattutto se siamo abituati ad andare a braccio e non abbiamo uno script da leggere. In questi casi può essere facile divagare e perdere il filo del discorso. Inoltre, punta l’attenzione sui concetti che hai espresso. Non prendere per scontato che le persone conoscano tutto ciò di cui parli, né il significato di termini specifici che fanno parte del tuo ambito di attività. Anche se il target fosse una nicchia, meglio chiarire i punti. La modulazione della voce Il riascolto ti aiuta a capire se la tua esposizione risulta monotona e noiosa. Com’è il tuo tono di voce? Riesci a dare enfasi ai punti principali della tua argomentazione? Riesci a creare dinamicità con la variazione di tono e di timbro oppure risulti monotono e piatto? Ritmo della voce Se siamo troppo veloci rischiamo di mangiarci le parole, diventare incomprensibili e non dare neanche il tempo agli ascoltatori di recepire e interiorizzare il messaggio. Peggio ancora, rischiamo di trasmettere tensione quando magari non ce n’è bisogno. Le pause sono importantissime per fissare i concetti. Purché non siano troppe e fuori luogo. Essere troppo lenti potrebbe annoiare l’ascoltatore. Quindi se notiamo che all’ascolto il ritmo non è adeguato ai concetti e alle emozioni che vogliamo trasmettere, annotiamoci questi aspetti e facciamo delle prove per migliorare nelle successive registrazioni. Logicità e coerenza Evita di passare di palo in frasca senza dare logicità al pensiero. Ci sono le giuste premesse che aiutano l’ascoltatore a seguire il tuo contenuto? Oppure alcuni passaggi andavano chiariti meglio? Nella nostra testa potrebbe essere tutto chiaro, ma non è detto che siamo davvero riusciti a trasmetterlo in modo altrettanto chiaro per gli altri. Per fare il check di questo punto, il riascolto a posteriori è fondamentale. Manierismi Espressioni automatiche e troppo ripetute come “ehm“, “appunto“, “dunque“, “allora“, “diciamo“, “ovviamente“, ecc ecc, sono pesanti all’ascolto. Il bello del podcast è che si può fare post produzione. Ma se si lavora a priori sulla fluidità di pensiero e di esposizione orale, si risparmiano tempo e fatica. Qualità audio Quanto è piacevole ascoltare la tua voce in cuffia? La qualità audio è buona oppure risulta fastidiosa, poco chiara e disturbata? È un aspetto da non sottovalutare e ne parleremo in un articolo dedicato. Sappi che a volte basta davvero poco per migliorare la qualità della registrazione e del montaggio audio. E quel poco può davvero fare la differenza quando si ascolta un podcast. Competenze chiave per fare un podcast Leggi tutto I vantaggi dell’Aircheck  Ci sono ottimi podcast dal punto di vista del contenuto e del concept, ma poi perdono tutto il loro valore nel momento in cui si tralascia la cura dei dettagli. Manca attenzione nella qualità della registrazione, nell’esposizione orale, nella personalità al microfono, e i risultati tardano ad arrivare. Il perché è molto semplice. Come dicevamo prima, a parità di tematica di interesse, le persone dedicano il loro tempo ad ascoltare qualcosa che offre loro un’esperienza di ascolto piacevole. L’aircheck è il segreto per crescere come podcaster e per far crescere il proprio podcast. Rendere il più possibile quell’esperienza di ascolto piacevole. Ricordiamoci che se stiamo usando il podcast come strumento di marketing a supporto del nostro brand, non possiamo continuare a credere che la qualità non conta. Il nostro pubblico è fatto di potenziali clienti. Come dedichiamo cura e attenzione al feed di Instagram o al sito web e alle grafiche che usiamo sui social, anche la user experience del podcast è importante. Tu sei la prima persona che può fare un’autocritica sul tuo lavoro. Perciò usa l’Aircheck, riascolta tutte le puntate del tuo podcast a distanza di qualche tempo, segna gli aspetti su cui pensi si debba intervenire e poi esercitati per applicare questi miglioramenti nelle puntate successive. Se hai un amico che sai può darti un feedback sincero e onesto, chiedi un parere per migliorare. Cosa possiamo fare insieme Al di là della tua prima analisi, un parere professionale può essere la chiave di volta per migliorare efficacemente la tua performance al microfono. Potrai avere un confronto più ampio e completo da parte di professionisti dell’audio. A questo proposito, come Podstar Media abbiamo un servizio dedicato all’analisi del podcast che si chiama Podcheck e valuta vari aspetti: dalla struttura al format, dal piano editoriale alla qualità audio. Lo scopo è darti un feedback onesto e professionale e fornirti gli strumenti giusti per migliorare la tua performance. Se vuoi saperne di più scrivermi a contattami@estermemeo.it e ti darò tutti i dettagli. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...
Home » Podcast » Informazione e disinformazione nel podcast e non solo È uno dei quesiti che più spesso ci si pone quando si comincia a fare podcast: dare del tu o dare del voi quando si parla al microfono? La maggior parte dei podcaster usa la seconda persona singolare, ma ce ne sono moltissimi che si rivolgono agli ascoltatori al plurale. Dunque quale delle due versioni è quella corretta? Risponderò a questa domanda portando alla tua attenzione alcune considerazioni, che poi sono le stesse che mi hanno aiutato a scegliere la forma singolare nel mio Podcast per il Business, invece di quella plurale. Quando dare del tu nel podcast Parto col citarti il pensiero di Carlo Emilio Gadda, scrittore del secolo scorso che lavorò per diversi anni in RAI per programmi di cultura, contenuto nel manuale intitolato “Norme per la redazione di un testo radiofonico”. Si tratta di un testo molto breve, scritto dallo stesso Gadda nel 1950. Nonostante il periodo storico in cui fu scritto e la brevità del contenuto, è ricco di informazioni utilissime non solo a chi all’epoca si occupava di radio, ma a chiunque si occupi oggi di comunicazione audio. Ecco perché ne consiglio la lettura a chi fa podcast. Difatti, la RAI lo consegnava a tutti i nuovi collaboratori della radio allegandolo di default tra la documentazione contrattuale. Il motivo è che conteneva istruzioni ben precise che servivano a chi si occupava di programmi radiofonici. In questo piccolo manuale c’è una considerazione che Gadda fa a proposito degli ascoltatori. E dice: “il pubblico che ascolta una conversazione è pubblico per modo di dire. In realtà, si tratta di “persone singole”, di mònadi ovvero unità, separate le une dalle altre. Ogni ascoltatore è solo: nella più soave delle ipotesi è in compagnia di pochi intimi.” Carlo Emilio Gadda – Norme per la redazione di un testo radiofonico È ovvio che in questo testo si parla di ascoltatori radiofonici, ma niente è più vero anche oggi se pensiamo al podcast. Il nostro pubblico è pubblico per modo di dire perché l’ascolto è nella stragrande maggioranza dei casi un ascolto solitario: smartphone, cuffiette e relax. Non si tratta dunque di un ascolto collettivo. Cos’è un podcast e come ascoltarlo Leggi tutto Questo significa che la conversazione è per la quasi totalità dei casi una conversazione a tu per tu. Dove io parlo alle tue orecchie come persona singola che mi sta ascoltando, e non a una platea. Questa visione del podcast ti porta a instaurare una relazione più intima con l’ascoltatore, a creare un legame e a coinvolgerlo attivamente nel contenuto. E sicuramente questa è uno dei punti di forza di questo media. Quando dare del voi nel podcast Dunque è errato rivolgersi a un pubblico dando del voi? La risposta è no, se questo è in linea con gli obiettivi del podcast. In alcuni casi potrebbe essere più utile usare il “Voi” qualora l’obiettivo del podcast è quello di parlare a una community e creare un senso di appartenenza al gruppo. In tal caso, usare il voi potrebbe essere la scelta migliore. Ci sono molti podcast che nascono e si sviluppano attorno a nicchie di ascoltatori e/o community già attive. Il podcast non è altro che l’estensione di questa stessa comunità e funge da collante al pari di altri mezzi di comunicazione. Non a caso, molti di questi podcast sono anche supportati finanziariamente dagli stessi ascoltatori su piattaforme come Patreon e Tipeee. Riepilogando, per rispondere alla domanda di questo articolo, chiediti: che tipo di relazione voglio creare con il mio pubblico? A te la risposta. Lo hai trovato utile? Iscriviti alla newsletter per accedere ai contenuti riservati. [...] Read more...